Catania Amarcord, la Storia |del Fronte della Gioventù - Live Sicilia

Catania Amarcord, la Storia |del Fronte della Gioventù

L'autore Alessandro Amorese: "Non solo politici, ma da quella realtà sono usciti grandi professionisti".

CATANIA – C’era una volta la fiamma del Movimento Sociale Italiano. La sua storia è pressoché nota a tutti. Meno navigata è, invece, quella del Fronte della Gioventù, l’organizzazione junior del principale partito della destra italiana. Il simbolo una torcia che ardeva degli stessi colori della bandiera italiana. L’anno di fondazione fu il 1971. Lo scioglimento è del 1996. Un libro ne ripercorre le vicende. L’autore è il ricercatore e saggista Alessandro Amorese, che vive oggi a Massa. Fronte della Gioventù. La destra che sognava la rivoluzione: la storia mai raccontata (Eclettica Ed. 2013), è il titolo. Con la Fgci, organizzazione giovanile del vecchio Pci, a sinistra, Comunione e Liberazione, al centro, il Fdg, a destra, era una delle tre più grandi organizzazioni under 30 del panorama politico nostrano.

Un primato che passava anche da Catania e che venne capitalizzato quando, sciolto il Fdg, l’acese Basilio Catanoso, oggi parlamentare di Forza Italia, divenne il primo presidente nazionale di Azione Giovani, movimento giovanile di Alleanza nazionale. “Dopo il 1988 – spiega a LiveSicilia Alessandro Amorese – la sezione catanese del Fronte inizia ad essere una delle realtà più importanti d’Italia sicuramente. Con Catania si ritagliarono uno spazio fondamentale anche i nuclei di Siracusa e Palermo. Questa tre piazze – continua – seppero raccogliere le spinte avanguardiste di Roma e Milano, per rimodularle poi in una chiave del tutto siciliana. Penso alla lotta messa in campo contro la spartizione Dc del potere e la presenza mafiosa. Certo, Catania non conobbe le stragi, ma la sua reazione contro la criminalità organizzata non fu affatto silenziosa”.

Il picco della centralità di Catania all’interno del movimento giovanile missino verrà soltanto qualche anno più tardi. “Dal 1990 – spiega ancora Amorese – in poi l’azione del Fronte catanese è imprescindibile su tutta la vicenda nazionale. C’era un seguito che non si registrava da nessun’altra parte d’Italia. Un consenso che è stato premiato in termini politico-studenteschi sia nelle scuole che nelle università, e poi nel voto amministrativo. Va da sé – sottolinea l’autore – che il Fronte etneo non ha subito gli stessi problemi di agibilità politica registrati in altre città italiane”.

I novanta erano gli anni del cosiddetto “riflusso”. Periodo nel quale la quasi totalità del mondo giovanile si è affrancato dai toni esasperati di un certo attivismo politico. Anni in cui, di rimando, il mondo della destra giovanile, smarcandosi dalle linee ufficiali dell’Msi – il caso emblematico è quello della solidarietà alla causa palestinese – seppe rilanciare la propria immagine movimentista. Il merito di ciò è connesso alle scelte della classe dirigente del Fdg, anche catanese, di allora: “Personalità come Salvo Pogliese e Paolo Di Caro – riferisce l’autore del saggio a LiveSicilia – furono sicuramente di spicco per tutto il Fronte nazionale. Sono stati bravi ad aggregare. E forse lo sono tutt’ora, al di là degli schieramenti in cui sono oggi collocati. Ma, tolta la politica, da quella realtà – continua – sono venuti fuori grandi professionisti. Penso al costituzionalista Felice Giuffré o al romanziere Luigi Pulvirenti”.

Più che di commenti, il libro di Amorese è una raccolta di fatti. Uno riguarda appunto Catania, a cui è dedicato addirittura un intero capitolo: La cacciata di Bossi. Era il 1991, il 13 giugno precisamente. Il leader del carroccio era stato invitato in una albergo della centralissima via Etnea per un incontro elettorale in vista della regionali. Ad invitarlo fu Francesco Vidolo della Lega Sud. Allora Bossi era noto per le posizione “razziste” nei confronti del mezzogiorno. Per il Fdg siciliano quella fu un’occasione per uscire allo scoperto. Organizzò tutto, contro le direttive del partito, Salvo Pogliese, oggi vicepresidente Ars e candidato all’europee per Forza Italia. Il tutto sotto la regia di Gianni Alemanno, futuro sindaco di Roma. Una trentina di militanti, seduti in sala, fanno esplodere la bagarre. Bossi non riusce a prendere la parola e lascia l’albergo. La Repubblica, giornale storicamente schierato a sinistra, ne fece un ampia cronaca. Per quei ragazzi fu un “successo”.

Ma a sdoganare in parte il Fronte della Gioventù di quegli anni, ci fu il giudice Paolo Borsellino, ospite della festa nazionale che si svolse a Siracusa nel 1990. Allora lanciò l’accusa: “Lo Stato non ha mai combattuto la Mafia”. Padrino di quell’evento fu Fabio Granata. Negli anni a venire, il giovane politico siracusano è divenuto assessore di Alleanza nazionale nella giunta Cuffaro e ha sostenuto, con il Pdl prima e Fli poi, i quattro gabinetti Lombardo. Entrambi i presidenti sono stati condannati per reati di mafia. Mentre la storica sede del Fronte della Gioventù (poi Azione giovani) catanese di corso Sicilia 11, è da anni chiusa per di problemi connessi alla gestione del patrimonio della disciolta An.

 


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