CATANIA – Per questa settimana e la prossima, in Consiglio comunale il clima dovrebbe rimanere sereno. Il maltempo rischia di arrivare dopo, quando dovrebbero essere rassegnate le dimissioni di Giuseppe Castiglione da presidente del senato cittadino. E, di conseguenza, ci sarà da eleggere il suo sostituto. Una formalità che rischia di non essere tale, soprattutto alla luce del precedente sull’elezione del vicepresidente del Consiglio, quando la battaglia all’ultimo voto tra Salvo Giuffrida ed Emanuele Nasca aveva fatto traballare l’amministrazione intera.
Domani sera, l’aula dovrà votare per il riconoscimento di alcuni debiti fuori bilancio (su assistenza per alunni con disabilità e spese di giudizi passati dal tribunale). La prossima settimana, invece, dovrebbe tocccare al nuovo regolamento sul cimitero di Catania. Votate queste due delibere, il presidente del Consiglio Giuseppe Castiglione dovrebbe lasciare il suo scranno. L’elezione a deputato dell’Assemblea regionale siciliana è incompatibile con la presidenza dell’aula di Palazzo degli elefanti e, così, Castiglione dovrebbe cedere il passo a qualcun altro. In teoria, a un nome proveniente da Grande Catania, il gruppo autonomista che fa riferimento all’ex governatore Raffaele Lombardo.
“Entro questo mese rassegnerò le mie dimissioni, certamente prima dell’insediamento dell’Ars”, conferma Castiglione a LiveSicilia. “Nel frattempo, il mio impegno per la città non cambia, sono tutti i giorni a lavorare per Catania”, afferma. Sulla successione, però, non si sbilancia. È tutta una questione di accordi tra le forze di maggioranza, presi prima delle elezioni del 2018 e ridiscussi in più occasioni. Manuale Cencelli alla mano, all’indomani della vittoria di Salvo Pogliese, agli autonomisti andarono la presidenza della Sidra, l’assessorato ai Servizi sociali e la presidenza del Consiglio comunale.
Adesso che gli assessori non ci sono e che gli equilibri dentro alle partecipate sono cambiati, le voci di corridoio hanno già cominciato ad accavallarsi sulla presidenza. Sebastiano Anastasi, capogruppo di Grande Catania e presidente della commissione Servizi sociali, sarebbe in pole position. Il condizionale, però, è obbligatorio e lui stesso si schernisce. “Se e quando il presidente Castiglione vorrà dimettersi, si faranno le valutazioni opportune – dice lapidario – È prematuro fare questo genere di discorsi in questo momento, la città intanto ha solo bisogno di un Consiglio comunale che continui a lavorare ed è quello che stiamo facendo”. Di altro non parla.
Dare Anastasi per successore in pectore di Castiglione può significare fare i conti senza il proverbiale oste. Cioè il resto della maggioranza. “Sicuramente abbiamo bisogno di un nome autorevole, che si spera possa andare bene a tutti e che abbia le qualità di diplomazia e capacità di mediazione che sono richieste a un presidente del Consiglio”, conferma Luca Sangiorgio, capogruppo dei pogliesiani nell’aula di Palazzo degli elefanti. “Non sono ancora state fatte valutazioni – prende tempo – Posso dire, però, che l’automatismo secondo il quale il sostituto di Castiglione dovrà essere un rappresentante di Grande Catania non c’è“.
Il germe della discussione è tutto lì. I beninformati ricordano la pietra dello scandalo della fine di febbraio 2022, quando l’elezione di Salvo Giuffrida a vicepresidente, al posto del dimissionario Carmelo Nicotra, era diventata una soap opera fatta di ripicche e minacce a distanza. In quella circostanza, Grande Catania non aveva sostenuto Giuffrida e, in virtù di una federazione tra gli autonomisti e la Lega di Matteo Salvini, era rimasto dalla parte di Nasca. Un tradimento degli accordi pre-elettorali, secondo gli alfieri di Salvo Pogliese. Un’accusa alla quale gli autonomisti hanno sempre risposto ricordando, per rimanere dentro l’aula consiliare, che le dimissioni di Nicotra sarebbero dovute avvenire due anni e mezzo dopo la nomina, e non quattro. Senza contare, dicono ancora i lombardiani, gli anni di supporto all’amministrazione e la correttezza al momento del voto d’aula. Una muscolare partita a tennis di rimbrotti reciproci che, adesso, rischia di avere un nuovo terreno sul quale giocarsi.