Catania, la 'mente mafiosa' di Caruso, i riti magici e le rapine

Catania: la ‘mente mafiosa’ di Caruso, i riti magici e le rapine

L'organizzazione criminale che ha messo a ferro e fuoco le villette dell'hinterland etneo

CATANIA – Per comprendere quanto gli indagati credessero nei “poteri” di Casse Khalipha e si facessero condizionare, lo spiega una intercettazione raccolta dagli investigatori. “Khalipha noi con questi sacrifici siamo tutti protetti vero? Non è che c’è pericolo che qualcuno viene e non è protetto e succede qualcosa (…) Perché se succede qualcosa a qualcuno vuol dire che non sono vere queste cose (…) Sì, m a succede qualcosa vuol dire che questa cosa non funziona…”.

Caruso e le condanne per mafia

Dall’altra parte del telefono c’è il 45enne Alberto Gianmarco Angelo Caruso. Vicino, anche e soprattutto per legami di sangue, al clan mafioso dei Laudani. I magistrati non hanno dubbi: era lui la mente criminale del commando di sette persone finito in manette all’alba di ieri. E che aveva seminato il terrore nell’hinterland etneo. Prendendo di mira le ville di imprenditori con assalti violenti e chirurgici. 

Alberto Caruso ha un curriculum giudiziario che parla di condanne per associazione mafiose. Caruso finisce, in primis, nell’inchiesta Vicerè che azzererà i “mussi i ficurinia”. Eppure, nulla a che vedere con le organizzazioni criminali avrebbe avuto la banda sgominata dal Comando provinciale dei carabinieri.  

L’apporto morale

In un contesto di rapine e di piani tutt’altro che improvvisati un ruolo chiave era, dunque, quello di Casse Kalipha. Senegalese che ha anni vive a San Cristoforo. “Forniva un apporto morale, di rafforzamento dei propositi dei sodali nel portare avanti il programma criminoso. Va, inoltre, ribadito che lo stesso aveva i il compito di intermediario tra gli altri affiliati, facendosi fautore di messaggi tra loro. Rruolo indispensabile in considerazione della prudenza mostrata dai soci nelle comunicazioni tra loro”. Scrivono gli inquirenti.

“Quattrocento mila e rotti euro”

Una delle rapine che i l gruppo aveva in programma di compiere era ai danni di una persona
residente a Taormina.
“Là all’ingresso della strada, l’altra all’ingresso della strada – Caruso parla con tono di voce molto basso – vedi che è con una macchina nella vanedda o è con un altro, o è con un altro, perché lui di solito spesso e volentieri, cammina con un suo amico, un pezzo di sciamunito tondo completo! Deficiente! mi ha detto che l’altro giorno, gli ha ritirato da Palermo quattrocento e rotti mila euro, te lo puoi immaginare mai? Quattrocento e rotti mila euro da Palermo, ti puoi immaginare mai?”.

L’INCHIESTA E LE PAROLE DEL PROCURATORE CURCIO

 


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