CATANIA – Sono tornati a Misterbianco nel 2007 e hanno piegato la città al loro volere. Il clan Nicotra ha radicato potere da qual momento fino al loro arresto nel blitz Gisella. Il periodo è quello alcuni pezzi di istituzioni dicevano che in quel pezzo di provincia “mafia non ce n’è”. Ora c’è una sentenza che non solo “smentisce” quell’analisi troppo frettolosa ma è destinata a diventare ‘storica’ per la documentazione inerente il racconto della mafia catanese. Nelle cinquecento pagine delle motivazioni del verdetto con cui il Tribunale di Catania ha condannato i vertici della cosca misterbianchese sono ripercorsi gli affari criminali degli eredi di Mario U Tuppu, ammazzato nel 1989 durante la guerra di mafia con il Malpassotu (Giuseppe Pulvirenti, deceduto). Faida che li ha fatti ‘scappare’ in Toscana. Dell’esistenza del clan Nicotra se ne parla in molte carte giudiziarie. Il riconoscimento da parte di un giudice però è arrivata solo alla conclusione del processo abbreviato.
Ma è nel processo ordinario che ci sono i pezzi da novanta della cosca alleata alla famiglia catanese di Cosa nostra. Il collegio ritiene “accertata oltre ogni ragionevole dubbio la presenza nel territorio di Misterbianco e zone limitrofe di un gruppo mafioso facente capo alla famiglia dei Nicotra a sua volta confederato con l’organizzazione mafiosa dei Mazzei intesa ‘Carcagnusi’”. Il dibattimento è stato lungo e articolato: decine di collaboratori di giustizia hanno sfilato all’aula bunker di Bicocca per rispondere alle domande del pm Marco Bisogni. Il teste chiave è stato l’ex soldato Luciano Cavallaro da cui è partita l’indagine ‘Gisella’. “Il clan Nicotra dopo la morte del fondatore non si è sciolto, ma i suoi esponenti sono scappati in Toscana, dove hanno avviato altre attività delinquenziali.
È lo zio Tano l’uomo di vertice, fratello di Mario, che “anche quando detenuto veicolava le istruzioni al di fuori del carcere”. Al suo fianco il nipote Tony Nicotra (figlio del boss ammazzato Mario), Nino Rivilli e lo stesso Cavallaro (fino al suo arresto per una rapina). Un ruolo ‘subalterno” lo ha avuto il giovane Tanuzzo Nicotra, fratello di Tony. Estorsioni, usura e droga sono le attività illecite che hanno intrapreso quando sono ‘tornati’ in Sicilia. La storia criminale pluridecennale del gruppo Nicotra per il Tribunale “costituisce la premessa fondamentale per valuta le origini della forza d’intimidazione ancora oggi legala al nome dei Nicotra sul territorio di Misterbianco”. “Può ragionevolmente affermarsi che il decennio intercorso tra gli anni 90 e gli anni 2000 con l’esilio dei Nicotra in Toscana non ha affatto interrotto il radicamento sul territorio di Misterbianco, essendo il gruppo tornato ad operare con i suoi componenti storici affiancati da nuove leve”.
“Il timore dei cittadini verso il nome Nicotra è quantomai inalterato”. Ci sono commercianti che sono fuggiti a Malta per non pagare i debiti con il clan. Sono decine “le attività commerciali sottoposte al controllo dei Nicotra”. La contabilità fino alla scarcerazione del figlio del boss ammazzato Tony (accolto con tanto di fuochi d’artificio) era tenuta dalla moglie Lucia Palmeri su un apposito “quaderno”.
Il ‘came back’ dei Nicotra dalla Toscana a Misterbianco è ‘rafforzata’ dall’alleanza con i Mazzei che sarebbe stata sancita – secondo il racconto del pentito Cavallaro – da Tano Nicotra in persona con Santo Mazzei. Ma ci sono due incontri che ‘certificano’ l’accordo criminale. Gli investigatori hanno monitorato la visita di Tano Nicotra assieme ai nipoti Tony e Tanuzzu (e Giuseppe Avellino morto lo scorso anno) a casa di Nuccio Mazzei in via Belfiore a Catania l’8 gennaio 2011. Il giorno dopo era il compleanno del capomafia dei Carcagnusi. Il secondo appuntamento incriminato è avvenuto a Campo di Mare: presenti Nuccio Mazzei, Lucio Stella, Nino Rivilli, Tano Nicotra e Pippo Avellino. L’anno prima inoltre Nicotra senior va a Palermo, assieme a Rivilli e Avellino, per portare una cesta natalizia a Luigi Arcoleo, figlio di Vincenzo del mandamento di Brancatto a Palermo.