Catania. Le armi, le intimidazioni. Ma soprattutto la presenza costante sul territorio, l’essere presenti in prima persona: è così che gli uomini del clan Cintorino esercitavano il potere sulla zona ionico-etnea, soprattutto intorno a Calatabiano. Come raccontano le carte dell’inchiesta Tuppetturu, che questa mattina ha portato in carcere 24 persone, gli uomini dei Cintorino si riunivano molto spesso, in summit che servivano a coordinare le attività illecite come estorsioni e traffico di droga.
La ricostruzione
Le prime pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Giuseppina Montuori sono tutte dedicate a ricostruire l’assetto criminale della zona a cavallo tra le province di Catania e Messina. Dove a dominare sono i Brunetto, affiliati al clan Santapaola, e i Cintorino, con i Capello.
Proprio dalle file dei Cintorino proviene Carmelo Porto, referente storico del clan che nel 2019, dopo l’operazione Isola bella, decide di collaborare con la giustizia. Porto rivela i nomi del clan e gli affari in cui sono coinvolti, e le sue dichiarazioni sono poi confermate dalle indagini della Guardia di Finanza.
I summit
Nell’indagine le microspie della Finanza registrano diversi incontri tra esponenti del clan, alcuni anche prima dell’arresto di Porto. Questi incontri sono, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, “significativi dell’esistenza del clan e dei suoi metodi operativi”.
In un caso, Carmelo Porto va a Castiglione insieme a Gaetano Di Bella, uno dei 24 arrestati nell’operazione Tuppetturu. L’obiettivo è risolvere una questione che riguarda un allevatore della zona, protetto dai Cintorino e che dunque contribuiva alle casse del clan. I due uomini sono intercettati mentre ricostruiscono il contesto: altre persone hanno imposto all’allevatore di spostare il proprio gregge da un terreno a un altro, e dato che l’allevatore non ha eseguito l’ordine il bestiame è sparito.
Il punto è che a suggerire lo spostamento sarebbe stato Cristian Cullurà, altro uomo coinvolto nel blitz Tuppetturu, con l’accusa di far parte del clan Cintorino. E Porto, in macchina con Di Bella, si lamenta proprio di Cullurà perché non ha ancora consegnato al clan il denaro in suo possesso.
Ancora Cullurà compare in altre intercettazioni tra Porto e Di Bella, diretti in macchina a Francavilla di Sicilia per un meeting con Carmelo Caminiti, altro arrestato nel blitz Tuppetturu. Nel corso di questa conversazione emerge che Cullurà avrebbe fatto da tramite per convocare i soggetti del gruppo criminale, e più in generale il suo coinvolgimento, si legge nelle carte del Gip, “nelle attività delittuose dell’organizzazione criminale, concernenti anche le estorsioni”.
Ancora, gli esponenti del clan si vedono in due distinte occasioni, di cui una puntava a estromettere un uomo dei Brunetto dall’associazione e dagli affari che riguardano la gestione delle barche turistiche nella baia di Taormina.
L’organizzazione
Tutti gli incontri raccontano di un’associazione che organizza le proprie attività illecite. Come scrive ancora il Gip: “Sulla scorta del monitoraggio e dell’esistenza di tali incontri di vertice del clan può affermarsi l’esistenza di significativi rapporti da Gaetano Di Bella, Carmelo Porto, Paolo Di Mauro, Cristian Cullurà e altri esponienti del gruppo criminale, che si incontravano quali referenti di zona per discutere di tutti gli argomenti inerenti le loro illecite attività”.
Nel corso di questi incontri, gli uomini del clan Cintorino dimostravano, scrive ancora il Gip, “una strategia operativa tipica delle associazioni mafiose, interessi criminali comuni e volontà di gestirli a nome dell’intero gruppo”. Caratteristiche “proprie delle organizzazioni criminali” conclude il Gip, “che sono proprio del clan in contestazione”, ovvero dei Cintorino.