CATANIA. Oggi pomeriggio un’ “onda” arcobaleno ha attraversato le strade della città. La parata del Gay Pride etneo è la celebrazione dell’orgoglio gay e transessuale che, come ogni anno, porterà gioia e colori tra le vie della città. Un momento di “gaiezza”, dunque, ma anche di rivendicazione politica. Il Pride di quest’anno, Un Pride in Plus, è organizzato da Arcigay Catania con Plus Onlus (associazione di omosessuali sieropositivi) e LILA Catania. Un Pride a tema, la lotta e prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili e il contrasto allo stigma contro le persone sieropositive. Due le vittorie, non da poco, incassate fino ad ora dalla comunità lgbt catanese: la partecipazione del sindaco Bianco alla parata (è la prima volta che un sindaco sfila al Pride etneo) e l’impegno del primo cittadino a istituire un registro delle coppie di fatto.
“E’ uno straordinario successo”. Così Giovanni Caloggero, presidente di Arcigay Catania, commenta il Pride etneo. “Siamo soddisfatti, registriamo una partecipazione di gran lunga superiore all’anno scorso anche in termini di sigle (sel, Catania Bene Comune, tutti i comitati arcigay siciliani, sel, pmli, cgil e le famiglie arcobaleno)”.
Presente anche il sindaco Enzo Bianco che ha detto: “Sono orgoglioso di essere qui”. L’ex senatore del Pd, ha parlato di “debito storico nei confronti della comunità Lgbt” e ha annunciato, che sul piano del registro civile, “Catania deve mettersi al pari delle altre grandi città” e magari “fare un passo in avanti”
La marcia catanese, inoltre, si è svolta in contemporanea con i Pride di Milano, Bologna, Napoli e Cagliari. Una giornata di mobilitazione che prende il nome di “Onda Pride”. La parata catanese, che è partita da Piazza Borgo, è stata il momento clou di una settimana che ha visto i volontari di Arcigay organizzare numerosissimi eventi di natura politica e culturale. Si è discusso di Pier Paolo Pasolini, di Mario Mieli (uno dei maggiori teorici del movimento di liberazione omosessuale), di teorie queer: la comunità lgbt catanese si è confrontata e si è “aperta” alla città.
Donne e uomini di tutte le età e di tutti orientamenti sessuali, militanti e semplici curiosi hanno preso parte agli eventi della “Queer Week”. Maria non ha mancato un appuntamento, è venuta da Barcellona Pozzo di Gotto ed è stata pure al corteo. E’ la madre di Alessandro, il vice Presidente di Arcigay Catania. Con gli occhi lucidi di orgoglio e la voce spezzata afferma: “Sono felice di essere qui. Io sono qui e continuerò a lottare affinché mio figlio sia felice, nell’assoluta libertà delle sue idee e del suo orientamento sessuale”. Durante le giornate della Queer Week, Maria, ha fatto da supporto a tanti ragazzi che le si avvicinavano incuriositi e felici per la sua presenza. La domanda più ricorrente, neanche a dirlo, era: “Come faccio a dire a mia madre che sono omosessuale?”. Lei, sorridente, raccontava con pazienza e gioia la sua esperienza. “Quando Alessandro me lo ha detto, io ho risposto ‘ e adesso chi lo dice al nonno?”. Poi seriamente: “I figli sono figli non si devono mai abbandonare, una madre che lo concepisce e lo porta nove mesi con sé non può non capire le necessità di un figlio buttandolo fuori casa quando si sente dire: mamma sono gay. A una madre dovrebbe bastare soltanto sapere che il figlio sta bene”. Alessandro, però, non è solo motivo per cui Maria andrà al Pride: c’è Marco, che da dieci anni è il compagno di suo figlio.
“Vengo anche per il ragazzo che ama mio figlio” dice mentre abbraccia Marco e racconta vari aneddoti che ritraggono i due fidanzati alle prese con le loro rispettive famiglie. Alessandro li scruta da lontano, ogni tanto si avvicina e richiama scherzosamente la madre: “Stai attenta a cosa dici, le parole hanno un peso politico”. Poi, dopo l’immancabile battuta del fidanzato e della madre sul suo essere “pesante”, Alessandro sorride e va via. Marco e Maria sono complici, entrambi, del resto, hanno fatto un percorso importante e non sempre facile. “La mia presenza al Pride non è scontata, – racconta Marco- per tanti anni sono stato uno di quelli che non andava alla parata, come loro pensavo fosse una carnevalata, poi grazie a tante discussioni con Alessandro, ho fatto il mio percorso e ho capito che la visibilità è fondamentale”.
Marco oggi è un attivista di Arcigay, non ha più paura. “Ho capito che il Pride è un momento di estrema libertà in cui l’eccesso rappresenta una libera espressione di ognuno di noi e mette in discussione il concetto di normalità”. “Personalmente non aspiro alla normalità, quanto, piuttosto, alla possibilità di autodeterminarmi liberamente.” “E va benissimo anche la provocazione perché, come Alessandro ha scritto nel documento politico del Pride, le idee vanno provocate”. Tra il serio e il faceto dice che l’anno prossimo non esclude di indossare un vestito vistoso e qualche paillettes, e aggiunge: “e magari mia suocera sfilerà accanto a me come una favolosa drag queen”.
Ridono. Poi Marco, si fa serio e si rivolge a tutti quelli che considerano la parata una “carnevalata”. Alla “chiusura” Marco risponde con “l’accoglienza”. “L’invito che abbiamo rivolto in questi giorni è ancora valido: venite e confrontatevi con noi, superate i pregiudizi (che poi è il lavoro che ho fatto in primis su me stesso), vi aspettiamo a braccia aperte, mostrateci le vostre reticenze, parliamone insieme, solo così si cresce”.