CATANIA. Lettere, appelli, raccomandate e chissà cos’altro servirebbe per mettere una volta per tutte i puntini sulle “i” sulle ricette dematerializzate. Il busillis della situazione non sembra difficile: chi deve farle e in quale occasione. È compito dei medici di base? O spetta invece agli specialisti che operano nelle strutture pubbliche?
La normativa
In base alle leggi e alle circolari emanate anche dalla Regione Siciliana, la ricetta tramite la quale si richiede la prima visita specialistica in convenzione deve farla il medico di base. Ma una volta che il paziente è stato preso in carico dallo specialista, tutte le ricette che riguardano ulteriori indagini, appuntamenti per controlli successivi, ricoveri ordinari o anche in day surgery o altro devono essere emesse dallo specialista (GURS 27.08.2010 N. 38).
Un rimbalzo di comunicazioni
Nero su bianco la questione sembra semplice e tale rimane leggendo la lettera (prot. n. 24018 del 21 aprile 2023) – l’ennesima – che il Dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute della Regione Siciliana ha inviato a: Commissari straordinari delle SSR e IRCCS, ad AIOP Sicilia e, per conoscenza all’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo e alla FIMMG-Palermo dott. Luigi Galvano.
Oggetto della comunicazione: Competenza alla redazione della richiesta di ricovero. Il testo è semplice, deciso e stringato e in quello la Regione rimarca l’esistenza di un decreto assessoriale del 14.06.2007 (pubblicato sulla GURS 28/2007 e ancora vigente) in cui si «statuisce chiaramente che la responsabilità di programmare un accesso in day hospital/surgery spetta, esclusivamente, allo specialista ospedaliero al termine di una visita specialistica richiesta dal Medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta». Eppure una comunicazione arrivata in assessorato dalla Federazione Italiana dei Medici di base di Palermo rileva che è molto frequente trovare questo tipo di ricette redatte dai medici di base su istanza dei dirigenti medici.
La questione
Se lo specialista sa di dover “scrivere” la ricetta di sua competenza, perché non lo fa? Perché rimanda il paziente – il povero cristo che sta male e che si ritrova vaso di coccio tra due vasi di ferro – dal medico di base? A chi e a cosa serve la spola che il paziente dovrà fare una, due, tre volte quando già una è di troppo?
La questione sollevata nella lettera della Regione è solo un dettaglio purtroppo di un mare di incogruenze. Le competenze non riguardano solo i ricoveri, ma ogni aspetto del percorso clinico e diagnostico che un paziente deve fare da quando si rende conto di avere un problema di salute. E inizia un pellegrinaggio senza fine e spesso, se vuole, o se deve, affidarsi al Servizio Sanitario Nazionale e non alle visite private, con attese impossibili e regole che cambiano in base al CUP (Centro Unico Prenotazioni) al quale ci si rivolge. Così – giusto per fare un esempio reale – se hai una ricetta dematerializzata per una prima visita con priorità B (quindi prestazione da prenotare entro 10 giorni) e chiami il CUP dell’Ospedale Garibaldi la visita non te la prenotano proprio perché la lista d’attesa arriva al 2024. Se invece chiami il CUP dell’ASP CT la visita te la prenotano anche se la lista d’attesa supera abbondantemente i 10 giorni.
L’appello di 30 medici di base
In mezzo a questo bailamme c’è un gruppo di medici di base – sono 30 solo nella provincia di Catania (ma il problema riguarda tutta l’Italia) e hanno in carico circa 35.000 pazienti – che ha preso consapevolezza del fatto che se le regole e le leggi ci sono, vanno applicate. Per tutti.
Così hanno scritto ai vari presidi ospedalieri catanesi: Policlinico, Garibaldi, Cannizzaro e all’Ospedale di Acireale per una immediata richiesta di provvedimenti.
Una seconda lettera è stata inviata all’Ordine dei Medici (anche se hanno scelto proprio le settimane in cui le note vicende legali lo hanno portato nell’occhio del ciclone) e all’ASP di Catania chiedendo un incontro urgente e, in una terza, c’è la relazione dettagliata dei problemi che i medici di base devono affrontare in una giornata tipo avendo la spada di Damocle di una possibile revoca con ogni paziente.
In questa fotografia il medico di base si ritrova a fare non il medico ma il trascrittore di altri medici di volta in volta per “suggerimenti” clinici che arrivano da URP, CUP, Capo Sala o non ben precisati amici spesso con diagnosi di priorità che non tengono neanche conto del percorso patologico pregresso del paziente. Insomma, se un paziente è diabetico e ha un’esenzione per patologia, prescrivere una prima visita per la stessa patologia non solo comporta la perdita dell’esenzione ma è soprattutto un falso.
Ma gli esempi sono tanti e moltissimi passano per un numero infinito di prescrizioni di indagini cliniche complessi che vanno dai markers tumorali agli esami istologici e alla rimozione del gesso. Da questo elenco sembra che anche il rinnovo del Piano Terapeutico sia, ormai – ma è ironico -, di competenza del medico di base, così come il certificato di morte per cremazione che per legge (art. 46 GURI n. 49 del 19.12.2020) deve farlo il necroscopo.
I problemi si estendono anche all’Inail (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) che, dopo la prima diagnosi di infortunio emessa in genere da un pronto soccorso, “invece di prendere in carico per la continuazione del periodo di infortunio dirotta il paziente ai medici di base”.
“Sono i medici dell’Inail ad avere la prerogativa/responsabilità di stabilire la continuazione della malattia – ci spiegano due dei medici di base che hanno firmato la lettera, Maria Francesca Falcone e Vincenzo Piso – e la cosa più incredibile è che, spesso, a dirottare i pazienti dalla sede dell’Inail ai medici di base è il portiere dell’Inail che nega l’accesso agli ambulatori e distribuisce i modelli che dovremmo, secondo lui, compilare noi. Noi abbiamo bisogno di capire perché e a che titolo succede questo e perché ai pazienti che fanno la voce grossa consapevoli delle procedure, l’accesso agli ambulatori Inail viene concesso. È bene ricordare – continuano – che i medici dell’Inail chiudono l’infortunio con un certificato, l’unico con il quale è possibile ritornare a lavoro”.
“Quello che stiamo chiedendo – concludono Falcone e Piso – è regolato da norme e leggi precise che non lasciano spazio a zone d’ombra. Occorre solo rispettarle, mentre vengono continuamente disattese da tutti lasciando a noi, medici di base, il disagio di dover spiegare questo e tanto altri ai nostri pazienti”.
L’elenco dei medici di base catanesi che hanno firmato le richieste
Abate Daniela, Bellitti Luigina, Bizzini Carmelo, Cantarella Lina, Calcamo Alfio, Cappello Giovanni, Cataudella Roberta, Ciccia Rossana, Ciciulla Marina, Costa Maria Pia, Costanzo Benedetta Veruska, Falcone Maria Francesca, Gambera Maria Grazia CT, Giuliano Maria Concetta, Laudani Emanuela, Miceli Corinna, Pace Nadia, Piso Vincenzo, Putrino Maria Rosa, Raccuglia Donata, Re Sebastiano, Salerno Antonietta, Salerno Sebastiano, Santapaola Palmina, Scialfa Francesca, Spada Giuseppa, Spadaro Francesco, Trigona Ercole, Troisi Renato Marco, Zappalà Marina.