CATANIA – Il ricordo di Gian Battista Scidà. Il giardino che ha ospitato l’evento porta il suo nome ed è un bene confiscato a Nitto Santapaola. Alle pareti della casupola i ragazzi de I Siciliani hanno appeso le stampe raffiguranti le copertine di alcuni numeri della rivista di Pippo Fava. Giovani e impegno sociale sono stati, del resto, un binomio fondamentale per il Presidente del Tribunale dei minorenni Gian Battista Scidà. Oggi quella parte di Catania che amava tanto, l’ha ricordato con una tavola rotonda allestita proprio nel giardino a lui dedicato. Giovanni Caruso e Riccardo Orioles, già “carusi” de “I Siciliani” e di Pippo Fava, Matteo Iannitti, il neo procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita e la presidente del Tribunale per i Minorenni Maria Francesca Pricoco hanno tratteggiato la figura di Scidà, cogliendone i tratti salienti e l’esempio.
“Scidà è stato innanzitutto un grandissimo magistrato e, anzi, prima ancora un uomo di cultura”, ha detto Ardita. “Aldilà delle denunce frontali e del coraggio che ha avuto a mettere nero su bianco i mali di Catania, Scidà è stato un uomo ha anche unito. Scidà – ha detto il magistrato- ha unito quella parte importante di città che crede nel riscatto di Catania che parte da cose basilari come la questione minorile e quella sociale”. “Un uomo che proveniva dalla borghesia importante di provincia e che ha saputo coagulare attorno a sé le forze della Catania povera, ma dignitosa”, ha spiegato il Procuratore aggiunto. Prese di posizione nette e affatto scontate a Catania. “Scidà ha denunciato le cose che non andavano a Catania partendo dal suo mondo: la magistratura che purtroppo ha avuto zone d’ombre. E averlo ascoltato, averlo seguito e averne apprezzato le denunce per noi, che all’epoca eravamo giovanissimi magistrati, è stata la migliore scuola possibile”, ha aggiunto Ardita.
Il magistrato ha sottolineato la rivoluzione copernicana messa in atto da Scidà nella Catania bene delle baronie e della miseria. “Una scuola di umiltà che ci ha insegnato ad essere espressione di questo popolo: non della sua classe dirigente abituata a comandare su Catania, ma espressione di quel popolo”. “L’insegnamento di Scidà è stato interpretare la legalità nel modo più umano possibile, restituendo quelle opportunità sociali che sono mancate anche attraverso il rispetto della legge, contrastando le baronie e i privilegi, che sono stati la pagina nera della storia di questa città”.
Il punto di partenza sono stati i minori a rischio delle zone più disagiate. Una nota dolente della Catania di ieri e di oggi. “Il mio vissuto di magistrato e di persona è legato alla sua attività di giudice minorile a Catania, un distretto che esprime forti situazioni di disagio minorile, devianza e criminalità”, ha argomentato la Presidente Pricoco. “Scidà ha segnato un solco nell’ambito della giustizia minorile e ha lanciato un metodo legato all’esercizio di una funzione molto complessa e delicata non facilmente intellegibile anche perché le normative, che riguardano la tutela e la salvaguardia dei minori nel nostro Paese, non sono state sempre armonicamente pensate e trasferite nella legislazione all’interno di un sistema organico e sufficientemente attrezzato per affrontare la questione minorile”, ha detto Pricoco. “Scidà ha anticipato un metodo per gli operatori di giustizia che è conseguente all’idea che soltanto attraverso una giustizia specializzata a misura di minore si possano dare delle risposte di giustizia alle persone più vulnerabili come i minorenni”, ha spiegato.