CATANIA – Il centrosinistra sembra tentato di andare d’accordo anche a Catania. Visto l’esperimento delle primarie del “campo progressista” per le Regionali 2022, pare che le intenzioni dello schieramento siano uguali anche nel capoluogo etneo. Certo: le elezioni comunali sono lontane. Dimissioni o meno del sindaco Salvo Pogliese, l’occasione perché si andasse al voto anticipato è sfumata due mesi prima delle amministrative del 12 giugno. Quindi, adesso, con un primo cittadino facente funzioni o con un commissario, toccherà aspettare fino alla prossima tornata di votazioni municipali, nella primavera 2023.
Le fughe in avanti
Qualcuno dice che l’occasione per il centrosinistra sia ghiotta: la lunga sospensione di Pogliese e il malcontento che porta con sé sono elementi da sfruttare per chi sta dall’altra parte della barricata. Il mantra è quello che ripete da tempo il segretario provinciale del Partito democratico Angelo Villari: “Noi seguiamo un percorso chiaro: vogliamo costruire una posizione unitaria, unire la coalizione, allargarla al civismo e poi, solo alla fine, individuare il candidato“. O la candidata.
Certo è che non è facile. Anche considerando le “fughe in avanti” osteggiate dai più. La prima è quella di Lanfranco Zappalà, che lunedì ufficializzerà la sua candidatura a sindaco di Catania. Lui la dice più soft: parla di “campagna di ascolto per determinare il futuro della città“. Fuori dalla retorica, è un tentativo di smuovere le acque. Zappalà, trent’anni consecutivi da Consigliere comunale, è sempre stato vicino all’ex sindaco Enzo Bianco. La “stima”, dice lui, resta immutata. Ma negli ultimi anni si è costruita anche una vicinanza nei confronti di Azione, il movimento politico di Carlo Calenda. Zappalà è, dunque, bi-tesserato: sia al Pd e che ai calendiani. Vuole essere un interlocutore, ma di chi?
L’ex primo cittadino Enzo Bianco lascia che si sussurri il suo presunto desiderio di una nuova candidatura. Una risposta al flop del 2018, quando ottenne la metà dei voti di Pogliese, una nuova discesa in campo per la sua città. Il suo nome, però, è inviso a molti: la stagione di Bianco 2012-2018 non è andata come sperato. Della rediviva primavera che doveva essere, avversari e aspiranti alleati ricordano il dissesto, l’inchiesta sulla corruzione nei rifiuti, il processo per i bilanci falsati e la fontana del Tondo Gioeni. L’unità del campo progressista appare, oggi, molto difficile da costruire attorno al suo nome.
Prove tecniche di dialogo
Così bisogna trovarne un altro: dal dialogo tra Movimento 5 stelle, Partito democratico, Sinistra italiana e altre compagini fuori dai partiti. “C’è una città in macerie e credo che il fattore discriminante per fare parte di questo percorso sia prima di tutto la discontinuità col passato e la capacità di agire, pensare, programmare, con le mani libere, sostenendo scelte forse anche impopolari”, afferma Gianina Ciancio, deputata regionale pentastellata, diventata un punto di riferimento M5s nel capoluogo etneo. “A prescindere dai singoli nomi – continua Ciancio – serve un progetto serio, coraggioso e visionario, che non sia solo un insieme di sigle”.
E Pierpaolo Montalto, segretario provinciale di Sinistra italiana, le fa eco: “Abbiamo il compito di rappresentare un mondo radicalmente alternativo alle destre. Questo campo progressista è un’opportunità per la sinistra di uscire dall’angolino in cui si era chiusa. Possiamo aggregarci attorno ai temi e scegliere, tutte e tutti insieme, figure nuove, che non abbiano amministrato la città di Catania prima d’ora. Sono convinto che in quest’area abbiamo tantissime personalità femminili e maschili che possano dare tanto”.
Lo steccato, però, è ben definito e oltre non si può guardare. Così, come per le elezioni regionali 2022 si era posto il problema di allargare o meno la coalizione agli autonomisti (desiderio coltivato da qualcuno tra i dem), lo stesso tema si ripropone all’ombra dell’Etna. Il liotro, dall’alto del suo piedistallo, osserva i movimenti dentro e fuori Palazzo degli elefanti da un po’. Se il campo progressista preferisce guardare all’associazionismo cristiano, ai movimenti civici e, perché no?, anche a Italia Viva, Più Europa e Azione, gli autonomisti non stanno certo a guardare.
“Non siamo né di destra né di sinistra, ma sicuramente siamo centrali“, dice un lombardiano doc, fuori dai microfoni, citando direttamente Raffaele Lombardo. Il tema, anche a Catania, è il solito: che farà l’Mpa, ufficialmente e ufficiosamente? C’è chi dice che metterlo di default dentro al centrodestra, dopo questa esperienza amministrativa, sia un azzardo. D’altro canto, però, gli attori fin qui citati sono piuttosto compatti sul volere stare lontani da bianche colombe, scudi crociati e transfughi vari. “Magari Lombardo, alla fine, spariglia le carte, fa tre liste e propone direttamente un suo candidato: chi può sapere cosa deciderà da qua a un anno?”, ride uno dei suoi.