C'era una volta il 'Ciaffico' | Cronache di una città allo sbando - Live Sicilia

C’era una volta il ‘Ciaffico’ | Cronache di una città allo sbando

La deriva di una città traspare dalle sue vie caotiche, dai suoi intasamenti, dall'incuria, dal modo in cui è amministrata. E lo spezzone di un vecchio film ci fa ridere (per non piangere).

Mi veggogno a dillo. E’ il ciaffico. Troppe machine”. Per capire cosa sia Palermo non è necessario rivedere il pezzo di bravura dell’impareggiabile profezia, la piaga cinematografica raccontata dallo zio di Johnny Stecchino. Basta osservare le persone immobili, intrappolate nelle “troppe machine”, a qualsiasi ora. Hanno facce rassegnate; non chiedono salvezza, non nutrono speranze. I palermitani sono fermi, quieti e paghi del disastro urbanistico-amministrativo. Ogni tanto qualcuno suonicchia il clacson, appena per dare un segno folcloristico di presenza. La sudditanza non prevede ribellione. Mafia, terremoti, sogni andati a male: la vocazione alla fatalità tutto sopporta per amore della catastrofe che indossa le vesti beffarde del sarcasmo.

Per sentire quanto sia amara Palermo, basta attraversarla nella schizofrenia di realtà e narrazione: da una parte la decadenza che la attanaglia. Le sue vie nauseabonde, la sua munnizza, le sue tasse per servizi invisibili; dall’altra la retorica con cui i regnanti del momento dipingono cose minime e inutili, descrivendole come prodigi.

Quanto è difficile vivere nella capitale senza regole, dove la legge è uno strumento civico di tortura. Ed è ancora la cosiddetta viabilità a fornire il paradigma dei controsensi, tra proclami e azioni. Non ci sono parcheggi, ma esistono vigili per multare i malcapitati che si arrogano il diritto di posteggiare – a quel punto con qualunque mezzo – a non più di un chilometro dalla destinazione prescelta. Intorno agli automobilisti, esplodono cantieri d’incerta nomenclatura, pedonalizzazioni ideate con l’ispirazione del ‘Monopoli’, strade che si restringono, avvallamenti che insorgono, chiusure, deviazioni, nel videogioco cangiante che ogni disgraziato si appresta ad affrontare al principio del giorno, sorretto dal benedizioni, preghiere e scongiuri.

E sono sempre i malamministrati a pagare, mentre i malamministranti evitano le insidie con le loro auto blu, pontificano circa un futuribile regno celestiale, scrivono su facebook reprimende urticanti contro i dissenzienti. Devi soffrire, tu, che hai avuto il torto di nascere nel luogo sbagliato. Nemmeno puoi lamentarti, perché sarebbe un tradimento della sacra illusione di una palingenesi che non c’è. Nulla si può manifestare che non sia giubilo per un talmente compiuta catastrofe, nel Comune delle parole che vorrebbero riempire il vuoto con il nulla.

Questa vacuità somiglia a un profondo cratere in cui siamo precipitati. Basta osservare le facce quotidiane, i topi presi in trappola. Allora non rimane, forse, che guardarla di nuovo la celebre scena e ridere, per non piangere, dell’ultima piaga di Johnny Stecchino. Eppure quel ‘Ciaffico’ era caritatevole: potevi muoverti, girare un film su un’automobile che comunque camminava. C’erano lembi strappati di sogni qua e là. Oggi siamo tutti incolonnati, immobili, in fila. Tutti inchiodati all’asfalto della nostra sconfitta.


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