CATANIA – Il mercato agricoloè debole e frammentato, a Catania come nel resto della Sicilia. Ma le buone proposte per risalire la china, nonostante la crisi, sono tante e rimandano a soluzioni concrete. Proprio per questo nei prossimi mesi, il capoluogo etneo ospiterà gli “Stati generali dell’ agricoltura in Sicilia”, che potrebbero rivelarsi il luogo adatto per analizzare la dura realtà e studiare la formula del rilancio.
Se ne é parlato stamattina nel corso della giornata di studio organizzata da Ires Cgil e dalla Flai di Catania, sul tema: “Fare Agricoltura. L’agrumicoltura e la sfida del mercato globale” tenutasi non a caso nel Palazzo dell’Esa. Presenti Angelo Villari, segretario Generale CGIL Catania , Alfio Mannino, segretario Flai Cgil Catania, Alessandro Scuderi Matarazzo, ricercatore e presidente Consorzio di tutela dell’Arancia Rossa , Francesco Costanzo, presidente CIA Catania , Federica Argentati, presidente distretto Agrumi di Sicilia, Andrea Valenzian , società agricola “ F.lli Valenziani” Carlentini , Salvatore Tripi segretario Flai Cgil Sicilia. Ha coordinato i lavori Andrea Miccichè, del Comitato Tecnico Scientifico Ires Cgil Catania. Era atteso anche Dario Cartabellotta, assessore alle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana, che ha inviato un messaggio ai partecipanti ai lavori.
Ma quali sono i dati indicatori dello stato di salute dell’agricoltura?
Nel Nord d’Italia sono ubicate il 23% delle organizzazioni dei produttori agricoli e ad esse corrisponde il 66% del valore della produzione commercializzata nel Paese, mentre alle organizzazioni meridionali, che rappresentano il 50% del totale, corrisponde solo un 25% del valore della produzione commercializzata. Inoltre al sud le organizzazioni nel settore agrumicolo hanno una dimensione media pari a 6,8 milioni euro contro una media di 40-50 milioni di euro per quelle settentrionali. Le difficoltà aggregative dell’offerta locale si traducono in debole capacità di aggredire i mercati, in strategie di marketing e comunicazione non sempre in grado di valorizzare la tipicità e la qualità delle nostre produzioni.
Di scarsa competitività delle nostre imprese, che finisce con l’alimentare fenomeni di lavoro irregolare, ha infatti parlato Alfio Mannino, segretario della Flai Cgil di Catania: “In questo ultimo anno – ha detto- si è registrato un aumento del lavoro nero di quasi il 25%, oltre a diffusi abusi contrattuali che ci danno un quadro del lavoro in questo comparto decisamente sconfortante”.
Per Tuccio Cutugno, presidente Ires Catania, l’agricoltura rimane comunque, ancora oggi, l’attività che in Sicilia determina una quota molto alta del valore aggiunto, circa due miliardi e mezzo di euro nel 2011 (quasi il 20% del PIL) e 150 mila occupati. “Per questo abbiamo voluto – proprio nel momento si rinnovano degli assetti istituzionali della Regione – promuovere a Catania questa giornata di studio e di riflessione, nella convinzione che l’economia agricola sia ancora una parte rilevante e non residuale delle attività produttive della Sicilia. Si inserisce pertanto negli “obiettivi strategici” per lo sviluppo che il governo nazionale ed in particolare il nuovo governo regionale dell’on. Crocetta deve sostenere e rilanciare.” Ma c’è anche la speranza che le cose cambino, per esempio grazie alle produzione tipiche e di qualità. L’arancia rossa è tra queste: “La coltura degli agrumi interessa un gran numero di Paesi e rivela notevolissimo dinamismo geografico con un’inarrestabile trend espansivo. L’Italia mantiene il suo peso relativo, a circa il 3,0 % della produzione mondiale, pur con un futuro incerto in relazione a minacce di natura economica, fitosanitaria e politica. A tal riguardo serve un momento di condivisione per far comprendere al sistema economico che l’agrumicoltura non è la cenerentola dell’economia, ma può rappresentare una risorsa strategica per il rilancio del sistema agroalimentare nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia. Tuttavia la svolta per le produzioni agrumicole deve passare attraverso la consapevolezza che le tendenze attuali sono dettate dalla globalizzazione dei mercati e destagionalizzazione della domanda finale, dall’ inarrestabile processo di sostituzione del consumo del frutto fresco con spremute o derivati agrumari (succhi, nettari, ecc.) e dalla sproporzionata crescita dei costi industriali delle materie prime. Elementi ai quali si può dare risposta solo attraverso l’efficienza, l’innovazione e la differenziazione, tre parole chiave per il futuro dell’agrumicoltura italiana.”. E aggiunge la Argentati: “In un momento in cui la partecipazione attiva allo sviluppo economico e sociale del territorio acquisisce un ruolo sempre maggiore, il Distretto Agrumi di Sicilia intende rilanciare il Patto approvato dalla Regione, quale strumento di programmazione condivisa tra le imprese , tutti i Consorzi di tutela Dop ed Igp e le rappresentanze in grado di attivare percorsi virtuosi di sviluppo di un comparto fondamentale per l’economia della nostra Sicilia e risorsa ancora poco valorizzata anche a livello nazionale”.
L’agricoltura è poi uno dei settori che partecipa più degli altri allo sviluppo del prodotto interno lordo catanese , come spiega Angelo Villari: “Sono circa 25 mila i lavoratori del settore, tra braccianti e imprese. La Cgil è convinta che si debbano fare due cose: sconfiggere il lavoro nero all’interno di un progetto di legalità, per esempio riportando i carabinieri all’Ispettorato del lavoro, e facendo anche in modo che questo settore produttivo venga finalmente sostenuto per dare il massimo delle sue potenzialità”. Per Totò Tripi, “Il futuro risiede sia nell’ agricoltura che nell’industria alimentare e dunque l’ agrumicoltura in questa ottica diventa importante. Nella crisi economica bisogna investire nelle vocazioni produttive. Ancora non abbiamo avuto alcun confronto con il governo Crocetta su queste e altre vicende, ma ritengo che le nostre proposte troveranno terreno favorevole”.