In 150 anni il Pil del Mezzogiorno, a prezzi costanti, è cresciuto di 18 volte, anche grazie agli interventi degli anni ’60. Ma è aumentato anche il divario con il Centro-Nord, soprattutto a causa della carenza di occupazione: mentre nel 1951 il tasso di occupazione al Sud era pari all’81% del Centro-Nord, nel 2009 era sceso al 68,9%. Dopo 150 anni, dal punto di vista economico, l’Italia rimane dunque un Paese spaccato in due. E’ quanto emerge dal volume “150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011”, edito da Il Mulino e presentato oggi alla Camera dalla Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno). Nel 1861 il Pil del Sud e del Centro-Nord erano simili, cioé pari a 100 per entrambi, nel 2009 quello del Sud risultava pari solo al 59% del Centro-Nord; invece, tra il 1952 il 1973, i Pil pro capite erano cresciuti in modo quasi simile: del 4,6% l’anno nel Mezzogiorno, del 4,8% nel Centro-Nord. Un “contributo fondamentale allo sviluppo del Sud è stato svolto dagli investimenti industriali statali, cresciuti dal 1952 al 1973 del 7,9% contro il 6,3% del Centro-Nord” e dalle grandi aziende (“dal 1951 al 1981 al Sud il numero medio di addetti è cresciuto di oltre 4 volte, passando da 11,6 a 48,7, mentre al Centro-Nord è sceso dai 69,6 ai 52,4”). Secondo le statistiche, “dietro questi numeri c’é l’operato della Cassa per il Mezzogiorno”. E mentre si creavano questi posti di lavoro, dal 1951 al 1974 dal Sud migravano 4,2 milioni di cittadini, attenuando in questo modo gli squilibri di mercato.
Non è vero che “c’é un problema di crescita che riguarda soprattutto il Sud”, mentre da solo il Nord “sarebbe una molla pronta a scattare al primo segno di ripresa”. Anzi, “oggi il Mezzogiorno si propone come opportunità strategica del sistema Italia, a patto di puntare su tre direttrici: centralità del Mediterraneo, fiscalità differenziata, politica industriale centrata su logistica e fonti energetiche alternative e tradizionali”. E’ quanto ha affermato il presidente dell’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), Adriano Giannola, in occasione della presentazione del volume “150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011” e della giornata di studio alla Camera. “La dialettica tra unità politica e unificazione economica – ha aggiunto il presidente – è il filo conduttore della nostra storia e l’impegno all’unificazione economica è dunque una condizione oggi più necessaria di ieri per essere sistema e protagonisti nei mercati globali”. Per Giannola, per far crescere il Sud “occorre puntare sulla ritrovata centralità del Mediterraneo, in cui il Sud ricopre una posizione avvantaggiata; sulla fiscalità differenziata, da rivendicare con totale fermezza in sede europea, per permettere una maggiore attrazione di investimenti italiani e stranieri; su una politica industriale centrata su logistica, fonti energetiche alternative e tradizionali e su una dotazione di risorse ambientali nettamente superiore a quella del resto del Paese”.