Ci sono, all’orizzonte, grandi battaglie di titani che ci spingono a dimenticare l’essenziale, l’orrore che ci riguarda da vicino, lo sfascio di Palermo poverissima. La diatriba politica assume valenze sportive. Le crisi – quella romana e quella siciliana – sono piene di colpi di scena. Riusciranno Silvio Berlusconi e Raffaele Lombardo a salvare la pellaccia pubblica, messa a rischio da vicende diverse che hanno lo stesso bagliore di un brusco tramonto? La seconda questione Livesicilia la sta affrontando di petto. E’ fondamentale per il futuro.
Ma c’è un altro dramma che si sta recitando, lontano dai riflettori, distante dalla calendarizzazione dell’agenda politica. E quando finalmente lo scopriremo, sarà troppo tardi. Palermo si consuma in una agonia dolorosa e senza cure palliative. L’abbiamo scritto, torniamo a scriverlo, in assenza di vigilanza e fremito civile. E’ talmente assopita la coscienza di questa città da rimanere inerte davanti agli ultimi sfregi. E non è un buon segnale per domani. Il sangue nelle vene non si improvvisa, deve scorrere sempre. Se la sensibilità e catatonica oggi, lo sarà anche fra qualche tempo, nell’urna e in seguito. Quando i cittadini rifiutano la qualifica che li rende tali, poi la perdono per sempre in un pozzo interminabile di rimpianti.
Palermo è in coma. Il sindaco è un fantasma, desideroso di calcare altri e meno urticanti palcoscenici. La classe politica del consiglio e della giunta è ferma in una paralisi che qualcuno potrebbe perfino salutare con favore: almeno non faranno danni. Manca un’autorità centrale, lasciando stare le periferie, deserti di poveracci nati male e cresciuti peggio, secondo il corso delle cose che sovrintende da sempre alla logica e allo scettro dell’inquilino pro tempore di Palazzo delle Aquile.
Nel frattempo, la comunità si difende fisicamente come può. Incendia cassonetti per rabbia e per necessità. Parcellizza il territorio in mille piccole fortezze con i bastioni da conquistare e i ponti levatoi da scavalcare. Palermo si è moltiplicata in tanti condomini lillipuziani, ognuno con un reciproco riflesso ostile. Palermo, come era, non c’è più. Ci sono le sue vie, le sue roccaforti, i suoi castelli, i suoi rifiuti in fiore. Intanto, gli avvoltoi della politica si lacerano, rinfacciandosi la responsabilità.
E non c’è più nemmeno un identico sentire della cittadinanza. E’ il patrimonio smarrito che, forse, mai più tornerà. Era un sogno, un’alba, un cemento, un collante. Si è sfarinato col trascorrere degli anni e delle illusioni.
Noi pensiamo che non sia una buona scelta osservare impotenti lo sfacelo, senza discutere, senza parlare di primarie, di candidati a sindaco, senza segnalare le cose turpi che accadono. Il materiale narrativo, come insegna la cronaca, non manca e non è mai mancato. Ma è assente la riflessione, la spinta di chi vuole conoscere i fatti e le circostanze, per cambiarli davvero. Proveremo con la respirazione online.