Ciancio, il filone sui necrologi| e la pubblicazione negata a Montana - Live Sicilia

Ciancio, il filone sui necrologi| e la pubblicazione negata a Montana

Oggi è stato il turno della difesa.

l'inchiesta
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Il necrologio negato a Montana

CATANIA – C’è stata una scelta precisa nel 1985 della direzione del quotidiano La Sicilia di non pubblicare il necrologio per il terzo trigesimo dalla morte di Beppe Montana. Luigi Montana, il padre del commissario ucciso dalla mafia, lo fa mettere nero su bianco che c’è stato un rifiuto da parte “del vicedirettore Coniglione e del direttore Mario Ciancio Sanfilippo”. Un caso che all’epoca finì nelle testate nazionali de L’Unità e de La Repubblica e che sono una parte consolidata del processo a carico di Mario Ciancio Sanfilippo accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa. I fratelli Dario e Gerlando Montana, difesi dall’avvocato Goffredo D’Antona, si sono costituiti nel procedimento penale. Per domani è prevista la discussione delle difese dell’editore e direttore del primo quotidiano cartaceo catanese e dopo potrebbe arrivare la decisione del Gup Loredana Pezzino sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dai pm Antonino Fanara e Agata Santonocito. Un secondo countdown per Mario Ciancio, che già lo scorso anno ha dovuto affrontare l’attesa di una decisione da parte del Gup. La Giudice Bernabò Di Stefano lo ha prosciolto, ma la sua sentenza di non luogo a procedere perché “il fatto non costituisce reato” fu impugnata dalla Procura e dai Montana in Cassazione. Il ricorso fu accolto dalla Suprema Corte e l’udienza preliminare si è nuovamente aperta.

L’avvocato Goffredo D’Antona nella sua discussione ha rimarcato la decisione della Corte di Cassazione che “ha legittimato” i Montana come parte offesa, perché “l’azione di Mario Ciancio era diretta contro i fratelli del poliziotto”. Non c’è un danno arrecato indirettamente, ma i congiunti del commissario ucciso dalla mafia sono “vittime della condotta di Ciancio”. Un dato che ha un significato “politico” a livello processuale molto rilevante.

Il necrologio del boss Pippo Ercolano pubblicato su La Sicilia

La testimonianza dei Montana porta delle riflessioni soprattutto se si pensa che alla fine del luglio del 2012 il giornale La Sicilia non ha nulla da obbiettare alla pubblicazione di ben tre necrologi dedicati al defunto Pippo Ercolano, quello stesso boss che aveva fatto irruzione al giornale di via Odorico da Pordenone per chiedere lumi su un articolo dell’Avimec. Un boss a cui è dedicato un articolo, senza firma, che i Siciliani Giovani descriveranno “un necrologio di corte”. Non bastano nemmeno le spiegazioni della grande penna Tony Zermo che fa riferimento alle possibile “illazioni” che sarebbero state evitate con la mancata pubblicazione del necrologio dedicato alla memoria di Beppe Montana. Anche perché leggendo il testo non si comprende bene quali siano le illazioni che si sarebbero evitate. La Sicilia non trova spazio per un messaggio che recita: “La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana, commissario P.S., rinnovando ogni disprezzo alla mafia e suoi anonimi sostenitori”, e non trova motivazioni per censurarne degli altri dedicati ad esempio a Pippo Ercolano. “Sicuramente un trattamento diverso è stato riservato ai Montana”, ha detto D’Antona.

Il necrologio di Sebastiano D'Emanuele

Nella sua requisitoria (avvenuta a metà gennaio) il pm dell’accusa, seguendo questo filone tematico, ha invitato a guardare con attenzione altri necrologi dai toni “ossequiosi” pubblicati su La Sicilia e che hanno per protagonisti altri personaggi chiaroscuri, come quello di Sebastiano D’Emanuele, cugino di Nitto Santapaola, morto il 24 maggio del 2016.

Goffredo D’Antona non può evitare di ricordare le parole dei magistrati etnei che dicono che a Catania non si vedono più immagini di indagati per mafia accanto a vertici istituzionali, come quella di trenta anni fa con Nitto Santapaola al taglio del nastro della concessionaria Pam Car insieme al prefetto di Catania Stefano Abatelli. L’avvocato D’Antona però si discosta da questa visione e ricorda “che mentre l’indagine andava avanti si possono trovare foto pubblicate su La Sicilia che ritraggono personalità politiche del governo e anche militari accanto a Mario Ciancio”. Per citarne una con il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Nessun crimine, solo un fatto di opportunità”, chiarisce D’Antona.


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