Cinque: "Indagato senza colpe, capii che Di Maio non era un leader" - Live Sicilia

Cinque: “Indagato senza colpe, capii che Di Maio non era un leader”

L'ex sindaco di Bagheria parla dopo l'assoluzione

BAGHERIA (PALERMO) – Un’assoluzione dopo sette anni sulla graticola. Patrizio Cinque, grillino della prima ora, da sindaco acclamato si ritrovò indagato con varie accuse. Disconosciuto da Luigi di Maio proprio mentre un esponente della criminalità organizzata veniva intercettato, lamentandosi della sua correttezza. La sentenza di primo grado falciava le ipotesi più gravi, restava in piedi la rivelazione del segreto ufficio, ma oggi è venuta meno anche quella. La nostra intervista.

Riavvolgiamo il nastro, torniamo ai giorni prima dello scandalo

“Ci si rende conto che è una storia paradossale. Io ho accettato di buon grado il fatto di dovermi difendere all’interno dei processi, ho fatto anche una scelta politica, rimanere nel movimento, mentre altri hanno scelto altre strade, avevo una buona notorietà e un gruppo che mi avrebbe seguito. Ma ho sofferto moltissimo”.

Cosa è accaduto nel movimento, esattamente?

“Io mi sono autosospeso. Poi c’è stata una cosa che oggi potrei rivendicare. Il capo politico di allora, Di Maio, dovendosi liberare dalle domande dei giornalisti, disse che non ero un sindaco del movimento 5 stelle. Mi diede la dimostrazione di cosa non fosse un leader”.

In alcune intercettazioni l’indagato Pasquale di Salvo diceva di avercela con lei perché non li faceva “mangiare” più con i rifiuti

“In quel caso il movimento aveva reagito diversamente, gli articoli furono ripresi dal blog del Movimento 5 stelle, ma contemporaneamente ero disconosciuto dal capo”.

Un doppio volto del partito, quindi?

“Esatto, io ho demolito la casa di Guttadauro, l’ho fatto perché andava fatto. Ma il capo politico non ha saputo dimostrare di saper dosare le parole e operare con attenzione. Non aveva alcun motivo di disconoscermi, avrebbe dovuto dire che dovevo rispondere in tribunale alle accuse. Ma lui temeva per la sua carriera, stava attento. Io ero nella chat dei primi 11 sindaci italiani eletti. Luigi di Maio era il primo referente degli enti locali, avevamo capito che personaggio fosse”.

Come nacque il processo?

“In piena emergenza rifiuti chiesi di invitare 5 imprese della white list, una dirigente mi accusò di voler fare aggiudicare un appalto a una determinata società. Un fatto non vero. Ci furono altri dipendenti indagati e a me contestarono una rivelazione di segreto d’ufficio per un immobile abusivo autodenunciato da mio cognato e turbativa d’asta, ma fui assolto già in primo grado”.

Come si incrocia il processo con le dichiarazioni del malavitoso?

“Ascoltando le intercettazioni del mafioso è emerso che non c’era assolutamente corruzione né turbativa, si trattava dello stesso personaggio che prima mangiava con i rifiuti, ai tempi in cui operava quella donna che mi denunciava. Una situazione paradossale, avrebbero dovuto chiedere alla dirigente che mi denunciò, in che modo il mafioso “mangiasse” con i rifiuti. Alla dirigente vorrei chiedere proprio se lei lo conoscesse questo personaggio, avrebbero dovuto farlo gli inquirenti”.

Andiamo ad oggi, era rimasto in piedi un ultimo capo di imputazione, quello per la rivelazione del segreto d’ufficio

“Sì e oggi è arrivata l’assoluzione, non ho rivelato alcun segreto d’ufficio a mio cognato, il suo immobile fu acquisito al patrimonio comunale prima del processo. Mi dovevo ritrovare pure condannato per una rivelazione che non esisteva”.

Qual è la cosa che le fa più rabbia?

“Il vivere la paura che il sistema giudiziario non mi restituisse una verità sostanziale. Avevo paura che, all’interno di questo ingranaggio pieno di leggi, non potessi dimostrare la mia estraneità. Mi sono reso conto che è un sistema non perfetto, ci sono persone che possono sbagliare e spesso anche la Procura si affida al maresciallo che non conosce bene determinate materie e che fa indagini con strumenti personali e mezzi scarsi. Un bravo inquirente avrebbe affrontato in modo diverso ogni cosa”.

Com’era la stagione che ha vissuto da sindaco del Movimento 5 stelle?

“Era la stagione dei sindaci grillini, nessuna alleanza, poi Di Maio ha cambiato idea, quando gli è convenuto. Se avessimo potuto discutere con le opposizioni non ci sarebbe stato il clima di guerra, stemperandolo con camere di compensazione e invece ci siamo ritrovati sotto attacco a tutti i livelli”.

Cosa farà adesso?

“Mi godrò questo momento, non l’ho vissuto bene, ho avuto un po’ di ansia. Speravo in questo risultato. Io sono a disposizione del Movimento 5 stelle. C’ero quando bisognava fare il sindaco grillino, quando c’era da portare avanti la bandiera. Continuo a essere legato ai valori del movimento, gli abbandoni li vedo come una fortuna per chi è rimasto”.

Elezioni europee?

“Io non so quali saranno i meccanismi di scelta dei candidati. Il M5S in Sicilia non ha bisogno di chiedere alla società civile le candidature”.

Santoro scenderà in campo, forse anche in Sicilia

“Qui il Movimento ha avuto tanti amministratori ed ex parlamentari che possono portare avanti le idee degli iscritti. Poi aggiungo che sicuramente io, ma anche altri ex parlamentari e sindaci, possiamo dire la nostra e metterci a disposizione degli iscritti, se avranno la possibilità di scegliere. Penso che potremmo essere oggetto di valutazione per una eventuale candidatura”.


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