PALERMO – Francesco Paolo Clemente, quarant’anni, alcuni precedenti per droga, e una grande capacità di muovere soldi. Ecco il ritratto dell'”imprenditore-boss” tracciato dai finanzieri del Gico della polizia tributaria.
Clemente avrebbe messo le sue capacità a disposizione di Pietro Tagliavia, già condannato per mafia e figlio di Ciccio Tagliavia, storico boss di Corso dei Mille ed ergastolano per la strage di via D’Amelio. Il figlio di Pietro sarebbe divenuto leader dell’intero mandamento di Brancaccio. Il potere lo avrebbe gestito dalla sua residenza in Toscana dove era detenuto ai domiciliari. Gli arresti in casa gli erano stati concessi nel 2015 nonostante fosse stato fermato a Reggio Calabria con l’accusa di avere avviato un canale con i calabresi per il traffico di droga. Tagliavia si sarebbe attorniato di persone come Clemente, capaci di creare un reticolo di imprese, per andare oltre l’abituale pizzo.
In particolare Clemente, a cui i pm Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli ed Ennio Peteigni contestano il reato di associazione mafiosa, si sarebbe specializzato negli imballaggi, acquisendo una notevole fetta di mercato nella grande distribuzione organizzata in Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Liguria. Società e ditte individuali sarebbero state utilizzate per creare provviste in nero e “foraggiare” il clan di Brancaccio. “Che il Tagliavia abbia sostenuto con la sua influenza Clemente è desumibile – scrive il gip Lorenzo Iannelli – anche dall’impennata economica vissuta dalle società riconducibili a Clemente a far data dalla scarcerazione di Tagliavia Pietro: il fatturato delle imprese, che fino al 2011 ammontava a circa 450 mila euro annui, a partire dal 2012 fa riscontrare una smisurata lievitazione che giunge a toccare i sette milioni di euro. Risultato che è stato, comunque, ottenuto con l’attenta organizzazione di una imponente frode fiscale perseguita – si legge ancora – tramite la realizzazione di società cartiere e l’emissione di fatture false per milioni di euro, che venivano sottratti al fisco ed andavano ad alimentare le casse dell’associazione mafiosa”.
Di soldi ne circolavano parecchio. “Io mi scendo la valigetta… vuol dire… con questo… all’aeroporto… ahi… c’è né più?”, diceva Clemente mentre contava soldi in contanti intercettato dai finanzieri. C’è un episodio che fotografa meglio di altri il potere di Clemente. E lo ha raccontato il pentito Salvatore Sollima. Erano sorti dei contrasti di lavoro fra Clemente e un parente di Giampiero Pitarresi, uomo forte a Villabate. La faccenda fu trattata nel corso di una riunione. Il volere di Tagliavia non poteva essere messo in discussione.
Sotto sequestro sono finite una sfilza di imprese. Un lungo elenco così composto che svela i nomi della fitta rete di presunti prestanome: ditte individuale Rotolo Filippo, Tarantino Francesco, Morvillo Giuseppe Mario, Petrone Elio, Di Giuseppe Santo Carlo, Castigliola Porfìlio, Commercio Pallet di Duro Gaetano, Geloso Giuseppe, Antonio Pallet di Geloso Antonio, One Pallets di La Cara Marcello, Pallets di Mamone Massimiliano, Mazzara Bruno, Tomaselli Stefano, De Oliveira Paiva Isabel Cristin, Print Vasile Daniel. Ed ancora le srl New pallets, G.a.p. Pallets, Mazzara pallets, Sud pallets, Tp pallets, Imballpallets di Li Causi Tiziana, Capital pallets, Compagnia italiana pallets, Cleminex lp, Pallets Dc di Ciccone Domenico, Filippone Antonino, Mulè Giacomo, New generation pallet di Geloso Angelo, Global imballaggi di Amorello Salvatore, Imballaggi Gr di Rotolo Giulia, Srilanka pallet di Thomas Nonis Emmanuel, Pallet Luciano di Nardone Luciano, Pallet di Imperiale Alfonso Domenico, Commercials imperi, Jaffna pallet di Thomas Nonis Jute Arukajah, Pallets Rotolo group, Viro legnami di Rotolo Vincenzo, ditta individuale di Schifano Francesco, Sicilpallets srl, Mp service srl, Nemo Fish di Montalto Salvatore.