CATANIA – Un borsello poggiato sul sedile. Il distintivo da poliziotto nel portafoglio. Le mani sul volante. Francesco Palana è pronto a imboccare l’autostrada Catania – Messina per tornare a casa, a Barcellona Pozzo di Gotto. Ai caselli di San Gregorio però trova un ostacolo. Un controllo della polizia. È il 26 aprile 2016, forse un giorno rimasto scolpito nella mente dell’assistente capo. All’interno di quel borsello i poliziotti trovano un pacchetto con quasi dieci grammi di polvere bianca. È cocaina. Quel distintivo da poliziotto non serve ad evitare le manette. Palana finisce ai domiciliari. La notizia, il giorno dopo, è sulle prime pagine dei giornali. Anche se non c’è il nome del poliziotto nell’articolo i vertici del clan Santangelo di Adrano non hanno dubbi sull’identità. “So solo che quando sul giornale è uscita la notizia di un poliziotto arrestato al casello autostradale in possesso di 10 grammi di cocaina io e Pignataro – racconta ai magistrati il pentito Valerio Rosano – abbiamo subito capito che era lui e ciò fu confermato a Pignataro nei colloqui, credo da Antonino Bulla…”.
Questa mattina, dopo quasi due anni, il poliziotto ha varcato le porte del carcere insieme ai vertici del clan Santangelo, la cosca di Adrano storicamente legata ai Santapaola-Ercolano. Il suo nome è tra gli oltre 30 indagati dell’inchiesta Adranos. Il suo vizio per la cocaina lo avrebbe portato a prendere contatti diretti con i boss di Adrano e da cliente poi sarebbe diventato anche lui un venditore al dettaglio. Aggancia clienti nella sua città d’origine, Barcellona Pozzo di Gotto nel messinese. Grazie a un cellulare “fornito dal clan” avrebbe contattato i messinesi per pianificare consegne e pagamenti per le dosi di droga. E per depistare possibili intercettazioni, parla di pezzi di ricambio per auto. ”Senti una cosa… vedi che io mi sono informato per quel pezzo… per la tua macchina… li… che qui ci sono quattro amici… cose che… che mi rispettano… 65 euro… costa… “, scrive in un sms inviato al contatto messinese. Palana telefona a un suo “cliente” e discute non solo della consegna ma anche della qualità della cocaina: “Mio compare com’è finita con quel pezzo la che ti ho portato per la macchina … a posto…? non mi hai saputo dire niente… che te ne pare… ? non era tutto quel grande eccezionale dico va … vero è..?”.
Quel controllo ai caselli di San Gregorio arriva dopo uno scambio di messaggi inviati per pianificare la vendita di alcune dosi di cocaina. È la prova che la polizia cerca per incastrarlo. Da mesi infatti intercettano le sue conversazioni con uno degli uomini di fiducia del boss Alfio Santangelo, Salvatore Crimi. Parlano di forniture, ma anche di debiti da incassare. E in fretta. “Vedi che sono andato da quello … gli ho dato l’ultimatum… – dice Palana rassicurando Crimi – gli ho detto a fine mese … come mi avevi detto tu …”. Quasi un ordine da eseguire. Il poliziotto consegna i soldi a Crimi: “Ciao Salvatore come siamo a posto? 500 euro ti ho portato … ora non appena mi danno lo stipendio… ti do altri 500…”
Schiavo della droga. Palana quasi prega Crimi per avere qualche grammo di stupefacente: “Vedi se me li puoi dare due … due in più per me… una volta me li regalavi due”. Il boss adranita, dopo una scambio di battute, sembra essersi convinto: “Poi appena apro una palla più tardi… domani… te la do… domani dopo domani la prossima volta…”
“Una volta me li regalavi”, dice il poliziotto a Crimi. E pare che Palana, per un periodo almeno, ricevesse droga dal clan in cambio di informazioni sulle indagini. Anche il pentito Antonino Zignale racconta di questo accordo: “Ritengo che la cocaina venisse data al poliziotto gratuitamente, che in cambio dava al clan informazioni su tutte le operazioni di polizia in corso”. Il poliziotto sarebbe stato addirittura stipendiato dal clan. “Mille euro al mese”, racconta il giovane collaboratore Valerio Rosano. Così almeno gli avrebbero raccontato gli affiliati in carcere.