CATANIA – Quando nel 2016 è scattata il blitz Carthago Andrea Nizza era ancora latitante. Dovranno passare altri 7 mesi per la sua cattura. Ma quell’operazione smantella la sua ‘forza militare’ a Librino. Sono colpiti le sue prime linee dello spaccio: Arena, Cristaudo, Celso, Scordino. In una notte i carabinieri fanno terra bruciata attorno a lui. La droga – marijuana e cocaina – a Librino doveva passare da Andrea Nizza o direttamente o attraverso la fornitura. Il giovane rampollo della famiglia di narcotrafficanti aveva insomma preso il controllo da quello che aveva creato l’ex uomo d’onore Fabrizio Nizza, poi diventato collaboratore di giustizia. E questo aspetto non ha certo aiutato il giovane boss, costretto poi a stare lontano per evitare l’arresto. Una latitanza che è durata quasi due anni. E in quei mesi, molte volte, Nizza ha ordinato ai suoi ‘soldati’ e ‘fiancheggiatori’ di far sentire la sua presenza anche attraverso prove di forza militare. Come spedizioni di massa in scooter mostrando a chi doveva vedere la pistola nella cintola. E poteva scapparci anche qualche colpo in aria, in perfetto stile gomorra napoletana.
A cinque anni di distanza è arrivato il capitolo finale dell’inchiesta giudiziaria. È arrivata la sentenza della Corte di Cassazione per il troncone abbreviato. E a parte qualche posizione che riguarda il rinvio per determinare nuovamente il carattere sanzionatorio, il verdetto ha fatto diventare definitive la maggior parte delle condanne. Infatti in questi giorni, chi era tornato in libertà, è stato arrestato per scontare gli anni di pena rimasti. I carabinieri hanno eseguito la scorsa settimana l’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Corte d’Appello nei confronti di Mario Costa Cardona e Giuseppe Barbato.
Ma vediamo quale è stato il dispositivo della Suprema Corte, confrontando per i 24 imputati le pene inflitte dalla Corte d’Appello di Catania nell’estate del 2019.
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Marco Antonio Romeo e Michele Celso limitatamente alla pena che è stata rideterminata rispettivamente in 11 anni 6 mesi e 20 giorni e 10 anni e 6 mesi di reclusione (rigettata nel resto). Annulla con rinvio ad altra Corte d’Appello nei confronti di Carmelo Sessa e Danilo Scordino limitatamente al reato di cessione illecita di cocaina (in appello Sessa è stato condannato a 13 anni e 10 mesi, Scordino – che la Cassazione ha rigettato per il resto – a 11 anni e 4 mesi). Annullata con rinvio per nuovo giudizio nei confronti di Giuseppe Barbato limitatamente all’aumento per continuazione del reato associativo (in appello è stato condannato a 15 anni e 2 mesi), nei confronti di Eros Condorelli e Agatino Cristaudo per l’aumento della continuazione esterna (in appello sono stati condannati rispettivamente a 10 anni e 8 mesi e 12 anni), nei confronti di Martino Cristaudio limitatamente alla recidiva e alla determinazione della pena (in appello la condanna è stata di 10 anni e 8 mesi). Per entrambi i fratelli in secondo grado la sentenza è in continuazione.
La Suprema Corte ha invece rigettato i ricorsi di Carmelo Migliorino (in appello 1 anno e 8 mesi), Carmelo Sottile (in appello 10 anni e 8 mesi), Mario Costa Cardona (in appello 7 anni e 9 mesi), Davide Celso (in appello 11 anni e 2 mesi), Massimiliano Arena (in appello 13 anni e 10 mesi), Maurizio Arena e Simone Arena (in appello entrambi 11 anni e 2 mesi). Sono stati infine dichiarati inammissibili i ricorsi di Lorenzo Costanzo (in appello 10 anni e 8 mesi), Giovanni Catalano (in appello 14 anni in continuazione), Giovanni Privitera (in appello 9 anni e 4 mesi), Andrea Venturino, Marcello Venturino, Orazio Ursino (tutti e tre in appello condannati a 9 anni e 4 mesi), Filippo Scordino (in appello 3 anni e 6 mesi), Giovanni Caruana (in appello 8 anni e 6 mesi), Salvatore Fonte (in appello 2 anni).
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Salvo Pace, Lucia D’Anna, Marco Tringali, Angelo Palermo, Alessandro Santangelo, Roberto D’Amelio, Andrea Gianninò e Salvo Sterlino.