Chi scrive è stato involontario e indiretto testimone del pateracchio Zamparini-Ballardini. Mezzogiorno di sabato davanti al “Barbera”. Si apre una porta. Escono Zamparini e Miccichè. Il presidente ha una faccia fosca. Sembra Mangiafoco con i cosiddetti che gli girano, in cerca di Pinocchio. Miccichè ha il viso compito di un concelebrante funebre. Entrambi schizzano a palla di cannone in un Suv e partono tipo inseguimento sulla statale. Telefonata del collega Totò Lo Iacono che aveva appuntamento col presidentissimo. Zamparini, cortese, risponde: “Ho un imprevisto. Una chiacchierata con Ballardini”. A quel punto si sono accesi mille campanellini, tipo luminarie natalizie. Somma algebrica. Zamparini con gli occhi roteanti + la sgommata + Ballardini. Un acre olezzo di camposanto si è irradiato nel cielo del “Barbera”, insieme a un tenue profumo di incenso. Immediatamente chi scrive ha avuto la visione: una bara bianca portata a spalla da Guidolin, Colantuono e Baldini. Dettaglio commovente: un paio di occhiali da sole poggiati sul tabuto.
A proposito di Guidolin. Egli ha rievocato, in un’intervista, come sia difficile lavorare a Palermo. Come sia complicato. Quali e quante pressioni debba sopportare un tapino capitato da queste parti. Difficile è, caro mister, come darle torto. Soprattutto per i precari, per gli operatori dell’Amia e per quelli che sono costretti, per mestiere, a scrivere cose del genere. A proposito di personaggi, abbiamo ammirato Cassano nelle sue giravolte a Palermo. Un talento scenico, capace di parlamentare in contemporanea con la sua panchina, con quella del Palermo, con l’ultimo tifoso appollaiato in curva e col ghiacciolaro. Si decidesse ogni tanto a giocare…
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