CATANIA – La terza sezione del Tribunale di Catania, presieduto dalla giudice Rosalba Recupido, avrebbe voluto chiudere tutto oggi. Ma invece servirà un’altra udienza per vedere l’epilogo del lungo e articolato processo frutto dell’inchiesta Tax Free, condotta dal Gico delle fiamme gialle etnee.
La lunga requisitoria della pm
La pm Tiziana Laudani ha analizzato durante la requisitoria tassello per tassello il mosaico accusatorio che ha portato nella veste di imputati l’ex presidente dell’ottava sezione della locale commissione Tributaria provinciale Filippo Impallomeni, l’imprenditore Giuseppe Virlinzi, il suo storico commercialista, Giovanni La Rocca, il direttore commerciale della Virauto Agostino Micalizio e il cancelliere Antonino Toscano. I primi tre sono accusati di corruzione, Toscano invece di tentato favoreggiamento. La contestazione parte dall’assunto che il giudice avrebbe favorito aziende riconducibili a Virlinzi in alcuni contenziosi con l’Agenzia delle Entrate. Insomma per la procura diverse sentenze sarebbero state “pilotate” e in cambio Impallomeni avrebbe ottenuto l’utilizzo di alcune auto.
La pm ha evidenziato anche la “velocità (e accelerazione)” di alcuni procedimenti rispetto alla “media” di cause simili. Tra Impallomeni, Virlinzi e La Rocca – ha evidenziato la magistrata Tiziana Laudani – è stato instaurato un “patto corruttivo” che poi si sarebbe concretizzato con un scambio preciso. Da una parte le sentenze e dall’altra le autovetture date in prova al giudice. Per la pm le auto “sono l’oggetto dell’accordo corruttivo” in quanto non vi era ragione “di concederne l’utilizzo senza” l’elargizione “di un canone concordato”. Poi Tiziana Laudani è entrata nel merito di alcune decisioni. Ad esempio come la sentenza Golden Car, evidenziando come non vi fossero “i presupposti normativi” per la definizione. E che Impallomeni avrebbe tentato di modificarla. E su questo filone la pm ha citato alcune intercettazioni telefoniche che per la magistrata sarebbero un palese riscontro alla tesi accusatoria.
Le richieste di pena
Al termine della discussione il sostituto procuratore ha chiesto al Tribunale di condannare il giudice Filippo Impallomeni a 5 anni di reclusione, stessa pena per l’imprenditore Giuseppe Virlinzi e per il commercialista Giovanni La Rocca. Invece la pena chiesta per il cancelliere Antonino Toscano è stata di 1 anno e 4 mesi. La posizione di Micalizio è stata stralciata per legittimo impedimento del difensore. La pm quindi formulerà la richiesta di pena alla prossima udienza fissata per l’11 dicembre, nella stessa data vi saranno le arringhe dei difensori, gli avvocati Andrea Gianninò, Walter Rapisarda, Carmelo Peluso e Luca Mirone.
Impallomeni chiede la parola e si difende
Prima di definire chiusa l’udienza Filippo Impallomeni ha chiesto la parola alla Presidente Recupido L’imputato ha contestato punto per punto la ricostruzione accusatoria dichiarando in modo netto la sua innocenza. Argomentando alcuni filoni dell’accusa: in merito alle “accelerazioni” ha ribadito che in base a un preciso decreto legislativo quella tipologia di contenzioso avevano la priorità su altri, per questo i tempi erano inferiori alla media. Poi ha citato le dichiarazioni rese da alcuni testimoni della difesa, come quella del presidente Virardi che in udienza ha sottolineato la “correttezza” di Impallomeni nella sua attività in commissione tributaria. Un lunga “difesa” che il giudice ha racchiuso in un memoriale consegnato al Tribunale.