CATANIA – Tira e molla. Non il personaggio del fumetto che tanta fortuna ebbe negli anni cinquanta, ma il gioco che, da qualche tempo, sembra aver preso possesso del Consiglio comunale, quanto meno della maggioranza a sostegno di Enzo Bianco. Una compagine molto variegata – che più variegata non si può – protagonista nelle ultime settimane non tanto di performance particolari in seno a un senato cittadino, già di suo poco attivo, salvo qualche rarissima eccezione, ma di una guerra politica, più che altro una guerriglia, combattuta a colpi di nomine e dimissioni sul campo delle partecipate.
Una battaglia tutta interna al Partito democratico, quella tra il sindaco Bianco e la componente Sammartino – Sudano, ex Articolo 4, entrati in corsa in casa Pd, che si trascina da tempo ormai, lasciando sul campo alcuni, come l’ex assessore alle Attività produttive, Angela Mazzola, o, nei giorni scorsi, l’ex presidente dell’Asec, Armando Sorbello, che ha lasciato il giorno dopo la defenestrazione dell’ex numero uno di Sostare Gilberto Cannavò, anche lui nominato in quota articolista.
Una guerriglia mai esplosa in piena guerra, cosa che sembra difficile accadrà a breve. Stando almeno all’atteggiamento del capogruppo articolista, Nuccio Lombardo, la cui posizione non sembra affatto essere di rottura, come suggerirebbero invece le dimissioni di Sorbello. Così come non sembra di chiusura, quanto piuttosto il contrario, il voto favorevole al Rendiconto 2015, certo precedente la vicenda Sostare, certo necessario, dicono, per garantire gli stipendi ai lavoratori, ma comunque favorevole subito. Alla prima seduta. Ci si poteva astenere, garantendo la validità della votazione e non esprimersi. Il sì su un documento commissariato dalla Regione è invece arrivato subito. Un esempio, che sembra dirla lunga sulla reale volontà di procedere con lo strappo con Bianco da parte di Articolo 4 e del suo capogruppo. Insomma, il tira e molla potrebbe andare avanti per altro tempo, a meno che qualcosa non si smuova al rientro dalle ferie.
Intanto, in aula consiliare resta un’altra anomalia: i tre capigruppo di area democratica. Il Pd, dopo la sfiducia da parte di tre consiglieri a Giovanni D’Avola e la nomina di Nino Vullo, ne conta due – come i papi durante lo Scisma d’Occidente. E poi c’è quello di Articolo 4, Lombardo appunto, ex Mpa, capogruppo di una compagine che altrove è confluita interamente nel Partito democratico.