PALERMO- “Per me è morto un padre”. Ernestomaria Ponte parla con la voce bassa al telefono. Lui, talento superlativo della scena, è stato allievo di Gigi Proietti: con la passione di chi è nato attore, ma lo è pure diventato con l’applicazione, con lo studio, con l’umiltà. La morte di un maestro, perciò, scava nel dolore con una speciale irruenza. Ed è in quel momento che, dal fondo, arrivano le memorie più care.
“Gigi, unico e grande maestro”
Ponte, sulla sua pagina Facebook, ha pubblicato una foto ‘Proietticentrica’. Gigi al centro, poi lui e poi Enrico Brignano: tutti più giovani e felicemente capaci – a questo servono gli artisti – di fregare la morte con il gioco di prestigio dell’immortalità. Infine, si scopre che non è così, ma l’importante resta avere respirato insieme. “In tanti dobbiamo tutto a te, unico grande maestro”, ecco la didascalia.
“Ho cominciato il laboratorio con Proietti nel ’91. – racconta Ernestomaria Ponte – era il mio grande sogno. Avevo tentato qua e là le varie accademie, ma non era andata bene. Mi trovavo a Roma per il servizio militare, salii sul palco per uno spettacolo. Qualcuno mi notò: ‘Perché non provi con Gigi Proietti? Feci il bando ed ero fiducioso. Pensavo: ‘Appena mi viri, Gigi mi pigghia…’. Come posso scordare il primo incontro, la prima volta in scena con lui che guardava? Gli presentai un monologo di August Von Kotzebue, non lo conosceva quasi nessuno, pieno di giochi di parole che gli piacevano molto. Infatti Gigi ascoltò, mi fissò: ‘E chi è questo che sei andato a scovare? Bravo’. E lì compresi che ero entrato”.
“Un mostro di tecnica”
“Proietti sul palco mostrava tutta la sua immensa qualità tecnica – prosegue il racconto – ma non amava insegnarla, per lui veniva prima l’attore con la sua spontaneità, con il suo modo di essere. Era un maestro che lavorava tantissimo, ti faceva i pezzi in diretta e ti diceva: ‘Ma non lo devi fare come me, tu sei tu. Guardatevi allo specchio, studiatevi, imparate a conoscere ogni movimento, ogni sguardo di voi stessi’.
Ricordo che, durante quel periodo, ricevetti una brutta notizia che mi provocò il pianto e andai davanti a uno specchio per vedere come piangevo”. Così dice Ernestomaria, riflettendo l’amore per un mestiere che sa spesso di sale, eppure, quando si regala ai suoi adepti, è per sempre: “Il maestro amava l’improvvisazione, se entravi in scena con lui, e io gli ho fatto da spalla, con la pappa pronta, ti prendeva a calci nel sedere. Ma insegnava che la tecnica, comunque, è lo strumento per conservare quella naturalezza espressiva. Sì, per me è morto un padre”.
Storie, forse, di altri tempi. Il tempo degli attori che nascevano, credendo nei pezzi unici e non nelle fotocopie. E che bella la foto con Gigi Proietti, il grande, quando ancora respiravano insieme.