CATANIA – Che Concetta Scalisi fosse ancora la reggente dell’omonimo clan ad Adrano lo aveva rivelato a sorpresa Giuseppe Liotta. Uno degli ultimi pentiti provenienti dalla malavita del triangolo della morte ha indicato “zia Concetta” come il vertice della “famiglia”. “E’ lei che porta il nome della famiglia” – ha detto ai magistrati in uno degli interrogatori. I verbali sono del 2015. L’arresto di mercoledì mattina segna il trasformismo della mafia che affida alle donne ruoli di manager e boss. Concetta ha la caratura criminale del capo clan. “Madrina” degli Scalisi per diritto di “sangue”. Figlia del boss Antonino, ucciso nel 1982. E la fine degli anni ’90 quando Concetta subentra al fratello Salvatore (anche lui morto). Finita in carcere per l’accusa di duplice omicidio: ma per motivi di “incompatibilità” alla detenzione è stata poco dietro le sbarre. Dopo un periodo ai domiciliari era stata sottoposta alla sorveglianza speciale. Mercoledì però è tornata in carcere, insieme alle due “commari” dei Laudani, Maria Scuderi e Paola Torrisi.
Concetta Scalisi è una “donna d’onore” dal carattere forte. La cellula adranita dei Laudani è sempre in fibrillazione. La zia Concetta avrebbe avuto – così scrive il Gip Ricciardolo – contrasti con l’altro referente della cosca locale Giuseppe Scarvaglieri. Che altri non è il nipote, figlio della sorella. A spezzare le tensioni sarebbe stato il giovane reggente Giuseppe Laudani in un periodo di scarcerazione. E’ lo stesso collaboratore di giustizia a raccontarlo. Il pentito e Concettina sarebbero stati legati da un “vincolo di fedeltà” che la Scalisi doveva al padre di Giuseppe Laudani. “Le salvò la vita. A un suo compagno di cella gli era stato ordinato di ucciderla”. Sono gli anni Novanta. I dissidi riguardavano anche gli affiliati di Paternò. Enzo “Lima” Morabito e Nino Rapisarda. Donna Concettina dice a Laudani di “non fidarsi dei paternesi. Specialmente di Enzo e Nino”. Ma Pippo Laudani cerca di mettere le pezze. Perchè “questa situazione andava risolta”. Anche Carmelo Riso indica Concetta Scalisi come il vertice adranita e il referente per Adrano dei Laudani. Tra il 2004 e 2005 ha accompagnato “Giuseppe Laudani per un incontro” con la madrina mafiosa. La riunione sarebbe avvenuta a casa della donna, che avrebbe manifestato paura “per essere monitorata e sotto controllo da parte delle forze dell’ordine”. “Giuseppe non parlare che ci sono le microspie” – avrebbe detto più volte. Riso su una cosa è preciso: “E’ lei quella che dava gli ordini direttamente”.
Maria Scuderi è la vedova di Santo Laudani. Il marito, figlio del patriarca Sebastiano, fu ucciso nel 1990. Gli anni della guerra di mafia. Il figlio che porta il nome del nonno, per distinguerlo dal cugino è chiamato Ianu il piccolo. Maria avrebbe avuto ruolo di finanziatrice della droga. Dalle dichiarazioni del collaboratore Giuseppe Laudani “i soldi provenivano dai proventi dell’autosalone” intestato al prestanome Giuseppe La Spina. La prima partita di stupefacente sarebbe stata acquistata nel 1999. E’ preciso l’ex capomafia. “Sessanta milioni” del vecchio conio. Droga ed eroina acquistata a Milano. I contatti con i fornitori li teneva Paternò – racconta il pentito – e precisamente Salvatore Rapisarda. Poi il giovane rampollo dei Laudani partiva in aereo, sempre con nomi diversi. Negli anni Novanta non c’era l’obbligo di presentare la carta d’identità.
Paola Torrisi, la terza “madrina” dei Vicerè, è molto vicina alla vedova Laudani. E’ stata la convivente di Antonino Finocchiaro, detto Nino Monta, anche lui arrestato mercoledì nel maxi blitz dei Carabinieri. I collaboratori di giustizia la indicano come una dei personaggi chiave della creazione del gruppo Laudani di Caltagirone. Nel calatino la donna aveva infatti dei parenti. E questo avrebbe costituito – secondo i racconti di Pippo Laudani – una buona base di partenza. Come Maria anche Paola sarebbe stata “specializzata” nel traffico di stupefacenti. A Caltagirone tra il 2005 e il 2006 inizia il terrore: si spara sulle saracinesche dei negozi e si semina il panico. Laudani: “Ho organizzato tutto io”. Ed è qui che entrerebbe in scena Paola Torrisi, che avrebbe anche fornito il suo appartamento a Giardini Naxos per decidere l’espansione dei Laudani a Caltagirone. Un esponente dei La Rocca voleva avvicinarsi ai Mussi e uscire dalla famiglia di Caltagirone di Cosa nostra. Paola si sarebbe offerta di “presentargli Ianuzzu Laudani”. Giuseppe Laudani parla della Torrisi come quella che fa “pubbliche relazioni” nel clan. Anche Nazareno Anselmi indica la donna come “il tramite per la creazione della cellula dei Laudani nel calatino”. Anche il collaboratore di giustizia partecipa all’incontro a Giardini Naxos. In quel summit decisivo sarebbero stati presenti anche i “picciotti” che avrebbero dovuto formare il gruppo calatino. Ma Anselmi parla di un altro vertice organizzativo: questa volta a Ficarazzi, due anni dopo. E’ il 2007. “Si doveva parlare di un particolare traffico di droga”, racconta il pentito.