Non amo prendere parte ai dibattiti, nei quali, comunque vadano le cose, una con il mio cognome, viene massacrata. Ma il silenzio, sicuramente più comodo,talvolta è vigliacco. Forse è giusto che qualcuno che sta da questa parte, dalla parte dei ‘figli di’, si sforzi di descrivere come si vive con il peso di un cognome pesante addosso. Ovvio, non tutti i cognomi sono uguali, come non lo sono stati i padri e figli che li portano. Però ritengo di poter parlare, se non a nome di molti, quantomeno di alcuni, spero sempre più numerosi. Di tutti coloro i quali hanno scelto, silenziosamente e senza troppo clamore, di vivere una vita normale e che hanno deciso di farlo in questa città, non contemplando la fuga come una possibile soluzione a problemi che hanno ben altre sfaccettature che l’incompatibilità ambientale.
Quella di fuggitivo è una condizione dell’anima, e non serve cambiare città, o nazione, o cognome, perché il dolore te lo porti dentro comunque, ovunque, insieme ai tuoi buchi neri, paure, nevrosi e incertezze, questa condizione di precarietà perenne che toglie il respiro e la serenità. Tutti bravi a dire: ‘Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli’, è la più grande ipocrisia che io abbia mai sentito. Per noi, la più grande speranza, la nostra chimera. Perchè sarebbe giusto, ma questo mondo non lo è mai. I commenti li ho letti tante volte: ‘Ci doveva pensare suo padre!’ oppure ‘E non pensate ai figli di coloro che sono stati barbaramente uccisi?’. Tutte le volte è una ferita che si rinnova, un dolore che brucia. E ogni volta vorrei urlare qualcosa a questa gente miope e superficiale: come si può essere così stupidi nel ritenere che chi ha una coscienza e un’anima non pensi al dolore che certe azioni hanno causato?
E mi chiedo, chi scrive pensa al dolore che genera in coloro i quali, non avendo alcuna colpa, subiscono discriminazioni pesantissime? Voi dite, non gli è stata negata la cresima. Giusto, ma gli è stata negata la ‘normalità’, quel privilegio di sentirsi uguale agli altri, i ragazzi della sua età che portano un altro cognome. E quando questa decisione, questa scelta, viene presa da uomini di chiesa, tutto ciò diventa insopportabile. Non è questa la Chiesa di Papa Francesco, non era la Chiesa di Padre Puglisi. La Chiesa accoglie i giusti che già portano una croce pesante per il sol fatto di essere in una famiglia che non è quella che avrebbero voluto, una famiglia come tante. Costretti a vedere un padre, amato, almeno il mio, attraverso le sbarre; studiare per la maturità sui banchi di un carcere, perchè le attese sono infinite per i detenuti speciali. Mentre tutti i tuoi coetanei si divertono, e tu provi a condividere la stessa spensieratezza nel frastuono degli anni adolescenziali,certi giorni ti scopri a pensare che mentre tu ti godi una giornata di sole, tuo padre è rinchiuso.
Allora la mia scuola, il C.E.I, divenne il mio rifugio; nella deflagrazione della mia famiglia, le mie professoresse si strinsero attorno a me come delle madri accoglienti, mentre la mia era andata in tilt, sotto il peso di eventi che non riusciva a gestire. Io capisco tutte le ragioni di opportunità, nonostante mi sembrino terribilmente figlie di questa antimafia di maniera che tanto spopola di questi tempi. Ma le dissociazioni, come la vera antimafia, si attuano senza clamori; le prime tra le pieghe dell’anima, giorno dopo giorno nel discostarsi da certi modelli educativi respirati per anni, le seconde senza comunicati stampa e pubblicità. La vera Antimafia, come il vero Cristianesimo, si attua attraverso scelte controcorrente, anche inopportune a volte, scomode e in controtendenza coi tempi. Padre Pino Puglisi è morto perché riusciva a parlare alle coscienze, e questo i mafiosi lo temono più della peste. La cultura è l’unica arma contro l’anticultura mafiosa.
Accogliere quel ragazzo in cattedrale insieme ai suoi compagni lo avrebbe fatto sentire come gli altri, lo avrebbe esortato alla normalità. Io mi chiedo perché un qualunque ‘figlio di’ dovrebbe decidere di cambiare strada e modo di vivere se tanto è condannato a priori? C’è chi avrà, nonostante tutto, la forza morale per farlo. Ma chi non ce l’ha, io credo che debba essere aiutato: aiutato a sentirsi uguale, mai diverso. Questa è la vera Antimafia, questo è il Cristianesimo di Papa Francesco, questa è umanità. In fondo siamo tutti figli di…… Dio.