Condannato, ma il killer lo scagiona: chiesta revisione del processo

Condannato, ma il killer lo scagiona: chiesta la revisione del processo

Il caso di Antonino Pepi, ritenuto responsabile di un delitto avvenuto nel 2016

CATANIA – L’assassino ha confessato, ma non è più imputabile: per legge nessuno può essere processato nuovamente dopo esser stato assolto in via definitiva. E così lui, pur essendo scagionato dal responsabile diretto dell’omicidio dell’agricoltore Giuseppe Dezio – avvenuto a Vittoria il 2 febbraio 2016 – sta scontando una condanna a 14 anni. Condannato, in pratica, per un delitto da cui l’assassino lo scagiona. E di cui giura di essere innocente.

È la storia, ai limiti del paradossale, di Antonino Pepi, oggi 61enne, condannato per concorso nell’omicidio assieme al padre, Gaetano Pepi. Solo che il padre, il quale si è dichiarato colpevole sin dall’immediatezza – ha sempre detto di aver ucciso Dezio per difendere da lui suo figlio Alessandro, a sua volta processato e assolto da ogni accusa – non è stato creduto. Non lo hanno creduto sino all’ultima sentenza, quando anche Alessandro Pepi, al pari del padre, è stato assolto. In quella sede i giudici hanno ritenuto Antonino colpevole, in concorso con il padre che lo scagiona.

Per queste ragioni l’avvocato di Pepi, il penalista catanese Giuseppe Lipera, chiede ora alla Corte di Cassazione di riaprire il processo. Il ricorso alla Suprema Corte avviene perché la Corte d’appello di Catania non ha accolto l’istanza. Secondo i giudici di secondo grado, in pratica, non ci sono novità rispetto alla sentenza. E le dichiarazioni del padre non sarebbero decisive. Questo perché, scrivono i giudici, “tutti i componenti della famiglia Pepi ad inquinare fin dal primo momento le indagini ed incanalarle verso ipotesi di favore”.

La ‘coerenza dell’assassino’

Una tesi che la difesa respinge totalmente, perché Gaetano Pepi è stato sempre coerente. Ha sempre confessato l’omicidio, sin dal primo grado, anche quando era lui sotto processo. E i giudici non gli hanno creduto. Hanno assolto lui e condannato Alessandro e Antonino. Si andò in appello solo per questi ultimi, perché la Procura non impugnò neanche l’assoluzione di Gaetano – che divenne così definitiva – e il racconto dell’assassino rimase lo stesso. Gaetano ad assumersi la responsabilità e i figli a giudizio. Poi Alessandro fu assolto.

Nel verdetto di secondo grado i giudici scrissero che Antonino è ritenuto colpevole al pari del padre, reo confesso. Colpevole, anzi, in “concorso con il padre”. A quel punto, in pratica, Gaetano Pepi è stato ritenuto credibile, ma non nella parte in cui scagiona il figlio. Credibile e colpevole, nonostante non sia più imputabile perché assolto definitivamente. Una storia su cui sta lottando l’avvocato Lipera.

Il penalista Lipera: “Il nostro cliente va assolto”

“Ho chiesto ai giudici – sintetizza – che il ricorso sia accolto e conseguentemente disposto il rinvio degli atti alla Corte di Appello di Reggio Calabria, così competente a decidere sulla domanda di revisione. Chiediamo che il nostro cliente venga assolto, perché la sua estraneità alle accuse è emersa nel corso del processo. Nella stessa sentenza di cui chiediamo la revisione, è palese: la condotta di Gaetano Pepi è stata ricostruita dai Giudici con precisione di tempi e modalità. La responsabilità materiale attribuita al figlio, invece, è rimasta un elemento vago e indefinito”.

Il delitto, come detto, risale al 2016. Uno scontro in campagna, una lite e un uomo che si arma di un coltello uccidendo una persona. Dirà poi di aver difeso il figlio Alessandro.


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