CATANIA – La Corte d’appello di Catania dichiara “responsabile dell’omicidio” un imputato che è stato definitivamente assolto. E condanna suo figlio, riducendo la pena rispetto al primo grado, a 14 anni per un concorso materiale e morale nell’omicidio.
È la strana storia dei processi per l’omicidio dell’agricoltore Giuseppe Dezio, avvenuto a Vittoria il 2 febbraio 2016. Nell’immediatezza furono indagati un padre, Gaetano Pepi, e i suoi tre figli Antonino, Alessandro e Marco. In primo grado furono assolti Gaetano e Marco e condannati Alessandro e Antonino.
Ha confessato: assolto
Nel frattempo la sentenza di assoluzione per Gaetano, colui che si è sempre – sin dal primo momento – assunto la paternità dell’omicidio, è diventata irrevocabile. Ma la Corte d’appello a sorpresa ha assolto Alessandro e condannato Antonino per concorso nel delitto con suo papà.
Gaetano, in pratica, non è più imputabile, ma per i giudici della Corte d’appello sarebbe lui il responsabile dell’omicidio, pur essendo scampato a una condanna, in pratica, per via dell’assoluzione. Antonino, che secondo la confessione di suo padre, come gli altri figli, non c’entrava nulla con l’omicidio, aveva preso 22 anni in primo grado, ridotti a 14 in appello.
Il ricorso
E ora il suo legale, l’avvocato Giuseppe Lipera, ha fatto ricorso in Cassazione. Il penalista catanese chiede di annullare la condanna di Antonio Pepi sulla base dell’innocenza del suo assistito. Del resto i fatti, secondo la difesa, sono già ampiamente dimostrati.
Gaetano Pepi ha sempre sostenuto di aver ucciso la vittima perché stava aggredendo suo figlio Alessandro. Ha detto di essere intervenuto e averlo accoltellato per difendere il figlio. Una tesi che non ha convinto i giudici di primo grado.
Le motivazioni d’appello
Nelle motivazioni d’appello, però, i giudici a sorpresa sono tornati a prestare fede alla confessione di Gaetano. “Deve ritenersi – scrivono i giudici – che, contrariamente a quanto opinato dalla Corte di Assise, non vi siano agli atti significativi elementi che consentano di escludere l’attendibilità delle dichiarazioni confessorie di Pepi Gaetano”.
Dichiarazioni che per i giudici, “anzi, hanno trovato positivo riscontro nell’ambito delle diverse ipotesi enucleate dal dottor Ragazzi (il perito della Corte d’appello) in ordine alla genesi e alla dinamica dell’azione delittuosa nonché all’arma adoperata per uccidere il Dezio”.
Il “concorrente”
L’avvocato Lipera non contesta questa parte della sentenza, ma quella in cui viene ritenuto Antonino una sorta di concorrente nell’omicidio, responsabile di un “concorso morale e materiale”. E per questo la difesa chiede alla Cassazione di annullare la sentenza e prosciogliere definitivamente anche l’ultimo imputato rimasto sotto processo.
“Sono profondamente amareggiato per la condanna di Antonello Pepi – aveva commentato a caldo, subito dopo la sentenza, Lipera – nei cui confronti non sono mai emersi neppure indizi per poterlo condannare per il reato di omicidio volontario”.
Il processo di secondo grado
La difesa – l’avvocato Lipera ha assistito tutti gli imputati – ha sempre sostenuto la tesi della legittima difesa di Gaetano Pepi.
In aula sono stati sentiti due consulenti della difesa, ovvero il generale Luciano Garofano e la dottoressa Antonella Milana, medico legale che di recente è scomparsa; oltre che, ovviamente, il perito, il dottore Giuseppe Ragazzi. Le parti civili sono assistite dalle avvocatesse Linguanti, Gaustella e Schembri del foro di Ragusa.