PALERMO – Un rodaggio difficile “figlio della recente, disastrosa confusione tra ruoli di governo e in Confindustria durante la precedente legislatura”, poi con Musumeci “un dialogo sempre serrato ma via via più costruttivo. Con tanti strappi ancora da cucire nel tessuto economico siciliano”. Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia, nel glossare senza riserve il quarto anniversario del governo Musumeci, rivendica “il ruolo di stimolo indipendente dell’associazione degli industriali, che abbiamo recuperato e difendiamo” e mette a nudo le criticità nel rapporto con assessorati e dipartimenti, “con un occhio particolare alla burocrazia, al diffuso pregiudizio per l’iniziativa privata in campi concorrenti al pubblico come energia e rifiuti, al gap infrastrutturale, alla formazione, agli incentivi per l’occupazione”.
Gli industriali e il governo in questi quattro anni, non sempre un idillio. Un giudizio… non politico sulla politica.
“Sì, l’inizio fu rigido da ambo le parti. Uscivamo da un periodo nel quale Confindustria era tramite propri esponenti parte sostanziale del governo; ciò ha reso la comunicazione non facile in un primo momento. Poi abbiamo registrato da parte del governatore un progresso nell’apertura al dialogo e nel superamento delle diffidenze. Da parte nostra, la rassicurazione che non sarebbero stati ripetuti disastrosi errori, e la certezza che noi non giudichiamo i politici, piuttosto la politica. Parla chiaro la nostra declaratoria: mai più al governo. Chi in piena libertà sceglie di occupare ranghi istituzionali si mette fuori automaticamente da Confindustria, per il presente e per il futuro. Se altrove, in Europa o in Italia, la commistione è possibile e persino virtuosa talvolta, in Sicilia meglio fare attenzione, nella situazione attuale e con gli errori fatti nel recente passato”.
Un segno di chiara discontinuità con le pratiche messe in campo durante il governo Crocetta e tutti loro strascichi anche giudiziari, in un tempo in cui si imponevano pure assessori e strategie.
“Sì, un distacco indispensabile. Io non giudico le persone, non tocca a me, ma i fatti. E i fatti sono stati disastrosi. Al di là delle vicende dei singoli, a noi questa confusione di ruoli aveva tolto facoltà e libertà di critica, la legittimazione al ruolo naturale e libero che siamo chiamati a svolgere nei confronti della politica”.
Andiamo al punto, i quattro anni di Musumeci?
“Iniziamo dalle istanze più annose e risapute, a partire dalla malaburocrazia. Cosa sta facendo in concreto il governo, ci siamo e abbiamo chiesto fin dall’insediamento. Alla freddezza, come ho detto, è seguita la prova di dialogo, sia con il presidente che con gli assessori, soprattutto nei settori nevralgici di nostro più diretto interesse e competenza. Mi riferisco a Energia e rifiuti, Formazione, Attività produttive, Territorio e Ambiente”.
E che cosa ha partorito la montagna? Topolini o fatti concreti?
“C’è stata prova di buona volontà da parte del governatore. Un esempio, la legge sulla riforma dell’Irsap presentata dall’assessore alle Attività produttive Turano. Norme forse non completamente risolutive per dipanare il groviglio burocratico che oggi pesa sulla concessione di aree nelle aree industriali, ma una buona legge, di semplificazione delle pratiche a costo zero. Abbiamo chiesto di sbloccarle tutte senza alcun aggravio per le casse regionali. Le norme sono ancora all’Ars, aspettiamo. Non chieda a me a chi sia ascrivibile il ritardo, se all’esecutivo o all’Assemblea. Fatto sta che ancora oggi l’ottenimento delle aree è un labirinto burocratico. Ma il fatto positivo è che oggi il governatore sia perfettamente allineato a Confindustria nella lotta alla burocrazia che frena lo sviluppo”.
Passiamo agli altri punti della “to-do-list”.
“Non mi stancherò mai di sottolineare la fondamentale importanza della formazione. Vero che ci vogliono le persone, vero che debbano essere al posto giusto e che occorra assumere. Tuttavia, qui nessuno vuole togliere il posto né licenziare nessuno. Riteniamo improcrastinabile una grande opera di formazione e riqualificazione del personale in servizio, chiedendo al governo nuova linfa programmatica e finanziaria. Molti soldi, sì. I meglio spesi”.
Impianti e impatto ambientale: questione delicata.
“Con l’assessorato al Territorio e ambiente viviamo una delle difficoltà più grandi. E non mi riferisco alla figura politica dell’assessore in carica, ma al ruolo pervasivo del Comitato tecnico scientifico, spesso più una sorta di scrigno depositario di verità incontrastate che luogo di approfondimento tecnico critico. Sull’argomento peraltro stiamo dando alle stampe un volume. Siamo consapevoli che la Ue voglia i Cts, tuttavia questo non autorizza allo scollamento dalla realtà territoriale, economica e imprenditoriale. Purtroppo è ciò che spesso accade, quando una pratica viene rigettata o una conferenza viene rinviata sine die. Insomma, la politica non cada nel vecchio vizio di nascondersi dietro commissioni, comitati e organismi che di responsabilità politica e strategica hanno ben poco: questa abitudine è la vicenda madre del mancato sviluppo della Sicilia”.
Ci dia qualche riferimento concreto e magari notizia di qualche progresso…
“Un passo avanti oggettivo è stato fatto con il bando sui termovalorizzatori. Ma come giudicare la circostanza che un grande impianto di trattamento è stato bloccato a Messina con la giustificazione che il pubblico, cioè un ambito territoriale, poteva avere un interesse concorrente a realizzare lo stesso genere di opera? La differenza sta nel fatto che il nostro associato aveva tutto pronto ed esecutivo, il progetto pubblico, invece, stava scritto sul libro dei sogni. Occorre capire che non siamo competitor del pubblico, né gente senza scrupoli ambientali e occupazionali. Il privato garantisce le stesse, se non superiori, prospettive di crescita e di lavoro”.
Sanità e Pnrr, per chiudere con asset strategici nodali.
“Nella sanità il governo ha lavorato davvero bene, gestendo a dovere l’emergenza pandemica. Sul Pnrr, non entrando nel merito di chi abbia sbagliato, per esempio, nella presentazione dei progetti bocciati in agricoltura, ribadisco una mia convinzione di principio: alla Sicilia manca chi batta davvero i pugni sul tavolo in sede europea e nazionale. Dobbiamo capire che la dinamica è altamente concorrenziale anche fra le istituzioni locali: i nostri politici inizino a far valere con più forza le nostre comuni ragioni”.