PALERMO – A mettere nei guai uno di loro è stata la moglie. Quando l’uomo è stato coinvolto in un incidente autonomobilistico, la donna si è premurata di comunicare la notizia al Comune nel quale il marito lavorava come impiegato. Peccato che per il Comune, il dipendente avrebbe dovuto trovarsi dietro la scrivania, visto che aveva timbrato il cartellino poco prima. E così, è scattato il licenziamento in tronco. E l’atto di citazione dei procuratori della Corte dei conti. Perché la storia triste degli sprechi siciliani, a volte, è anche storia di paradossi.
Molti di questi casi, andati a sentenza nel solo 2016, o per i quali è scattato appunto l’atto di citazione, sono stati elencati e descritti nelle relazioni del Procuratore generale della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti Giuseppe Aloisio e in quella della presidente della Sezione, Luciana Savagnone. Un almanacco di sperperi e furbizie, ruberie e abusi. Dal ricorso a inutili consulenti, alle varie gettonopoli dell’Isola, passando per la vicenda nota delle “spese pazze” dell’Assemblea regionale siciliana.
Consulenze inutili
E tra i nomi di chi ha subito una stangata dalla Corte ne spuntano anche di notissimi. È il caso di Vittorio Sgarbi, condannato insieme all’allora vicesindaco di Salemi Antonella Favuzza, per un danno all’erario di quasi 90 mila euro. La loro colpa? La nomina di sei consulenti esterni per i quali la Corte sottolinea la “carenza di motivazione” e la difficoltà di comprenderne l’utilità. Cambia il sindaco, ma il “vizio” è lo stesso. Nel caso del primo cittadino di Lampedusa Bernardo De Rubeis il danno contestato è di 24 mila euro: il costo di un incarico professionale esterno che poteva tranquillamente essere svolto dai dipendenti del Comune. Per consulenze inutili è stato condannato anche un ex dirigente regionale oggi in pensione: il danno all’erario contestato a Giovanni Lo Bue è di quasi 45 mila euro.
Divise “infedeli”
Nel corso del 2016 la Corte ha emesso alcune sentenze per danno all’immagine. Impiegati infedeli, secondo i giudici, che in qualche caso indossavano anche le divise. Come nel caso di Carlo Ronzino, ex comandante dei carabinieri condannato a 10 mila euro di risarcimento dopo la condanna penale a cinque anni e mezzo per concussione. Condannati poi due sottufficiali della Guardia di Finanza, Tobia Imparato (a 45 mila euro) e Felice Monterosso (28 mila euro): avrebbero ottenuto denaro, televisori, rifornimenti di benzina, “sfruttando il timore – scrive la Savagnone – di professionisti e imprenditori” si subire controlli e segnalazioni. Più di novemila euro deve invece risarcire Salvatore Lannino, un dipendente della Polizia municipale di Castellammare del Golfo: avrebbe usato la “fuel card” in dotazione per forniture di carburante mai avvenute; mentre 21 mila euro deve restituire un assistente scolastico di Letojanni, Mario Calabrò, responsabile del laboratorio di informatica. Peccato che, secondo i giudici contabili, il dipendente ha più volte sottratto alla scuola la stessa attrezzatura dei laboratori.
Notai, sindacalisti e dirigenti
Il notaio Antonino Pusateri avrebbe tenuto per sé le somme che i clienti gli avevano affidato, tra il 2009 e il 2013, per il pagamento di alcuni tributi: per questo motivo è arrivata una “stangata” da quasi 670 mila euro. Il sindacalista del Sinfub, Domenico Pirracchio, è stato invece condannato a oltre 90 mila euro “per aver fruito di permessi sindacali, in misura nettamente superiore ad ogni ragionevole quantificazione”. Certamente più noto all’opinione pubblica il nome di Anna Rosa Corsello, fino a poche settimane fa potente dirigente generale della Regione siciliana. La burocrate è stata condannata al pagamento di quasi 164 mila euro per “compensi autoliquidatisi” in maniera illegittima. Somme relative al suo incarico di commissario liquidatore in due società partecipate. Sono i cosiddetti incarichi aggiuntivi, vietati ai dirigenti generali destinatari di uno stipendio “omnicoprensivo”. E il caso della Corsello non è l’unico.
Spese pazze, gettonopoli, furbetti del cartellino
Un capitolo a parte merita quello sulle “spese pazze” dell’Ars, che Livesicilia ha seguito nel dettaglio, e che ha portato alla condanna contabile di undici ex capigruppo di Sala d’Ercole nella scorsa legislatura, per l’utilizzo illegittimo dei fondi pubblici destinati appunti ai gruppi parlamentari. Dal parlamento regionale ai consigli comunali il passo è breve. E in questo caso, la Corte dei conti è intervenuta pesantemente contro i casi di “gettonopoli”. Come quello al Comune di Priolo Gargallo, dove si era deciso di aumentare “a dismisura da 30,99 a 129,11, il gettone di presenza dei consiglieri, provocando per il Comune, per il periodo dal luglio 2009 al giugno 2013, un danno paria ad euro 542.780 euro”. E se i consiglieri vedevano gonfiare gli incassi provenienti dai gettoni, in molti Comuni, i dipendenti venivano “beccati” fuori dal posto di lavoro. Sono 25 oggi le istruttorie riguardanti casi di assenteismo. “Eventi – scrive il Procuratore generale Aloisio – sempre più percepiti dall’opinione pubblica come principale causa delle disfunzioni della pubblica amministrazione, anche per il considerevole clamore mediatico che ne deriva”. E i casi non sono pochi: “Hanno avuto molta eco mediatica le vicende che hanno interessato un cospicuo numero di dipendenti dei Comuni di Acireale (62), Milazzo (59), Villafrati (26), Furci Siculo (28, compreso un componente dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari), Pachino (6), del Libero Consorzio di Siracusa (29), dell’Asp di Ragusa (36) e nell’Ufficio regionale per i diritti dei detenuti (9), sulle quali è in corso l’acquisizione degli elementi necessari per definire le contestazioni di danno da formulare a carico degli impiegati infedeli”. Ha già perso il lavoro, invece, quel dipendente. Licenziato in tronco. Dopo quella solerte telefonata della moglie.