PALERMO – Venticinque giorni in quarantena in attesa del tampone. È uno dei siciliani rientrati dal Nord e che al Nord vuole tornare. È lì che ormai lavora. Indossa la divisa di vigile urbano. Vuole aiutare i colleghi che stanno in trincea.
Ha vissuto pure lui per un mese in prima linea in un città dove l’allarme per il Coronavirus è altissimo. Poi, racconta, “il 22 marzo sono tornato a Palermo. Mia moglie e mia figlia erano partiti prima che scoppiasse il putiferio. La piccola ha una disabilità e ha avuto bisogno della mia presenza. E così sono tornato”.
Il poliziotto municipale racconta il suo viaggio in macchina. “Innanzitutto mi sono registrato nel portale della Regione siciliana e ho comunicato il mio spostamento alle autorità sanitarie. Lungo il viaggio sono stato fermato più volte dalle forze dell’ordine. A Villa San Giovanni mi hanno controllato i carabinieri e a Messina gli agenti della Forestale con tanto di termometro”.
Il 22 marzo è iniziata la quarantena, in attesa del tampone. “Mi aspettavo che venissi convocato per il test, non dicono allo scadere dei quattordici giorni, ma ormai ne sono trascorsi venticinque – racconta –, sto bene e voglio tornare a lavorare”.
Potrebbe anche sfruttare il ritardo nell’esecuzione de tamponi per rimanere in una regione, la Sicilia, che, numeri alla mano, è più sicura della falcidiata Lombardia, ma il vigile ritiene sia giusto tornare a lavorare.
C’è bisogno dell’aiuto di tutti, anche del suo: “Ho scritto all’Asp, alla Regione, e alla Protezione civile. Finalmente oggi qualcuno mi ha risposto dall’azienda sanitaria e mi ha detto di inviare una e mail. Speriamo sia la volta buona”.
Nel frattempo viene monitorato con la App “Sicilia Sicura”. Si informano sulle sue condizioni di salute. Sono quindicimila i siciliani rientrati dal Nord, molti hanno già fatto il test, ma in tanti aspettano. La Regione ha accelerato le operazioni. Ma ci vorranno ancora dei giorni.