La mafia, il racket e le regole del gioco - Live Sicilia

La mafia, il racket e le regole del gioco

La recente operazione che ha portato all’arresto di ben 12 presunti mafiosi a Villabate è la più recente conferma del fatto che Cosa Nostra non è affatto in ginocchio, nonostante i tanti colpi subiti. Che significa questo? Significa che l’organizzazione mafiosa ha una grande capacità di reazione e adattamento anche nei momenti di difficoltà. In questa fase, ad esempio, sono calate le entrate di cassa del bilancio mafioso. In primo luogo, perché il racket del pizzo ha perso qualche colpo grazie allo smantellamento del “sistema Lo Piccolo” ed agli importanti segnali di reazione e ribellione all’intimidazione mafiosa che provengono dal mondo dell’imprenditoria (non è un caso che in una conversazione intercettata a Villabate i mafiosi notano, preoccupati, che “ai cristiani oggi gli si legge negli occhi che si vogliono fare sbirri”, alludendo alla più diffusa propensione a denunciare le estorsioni). In secondo luogo, perché Cosa Nostra ormai da anni ha perso terreno rispetto alla camorra e alla ‘ndrangheta nel controllo dei grandi traffici illeciti internazionali. Ma i capimafia non si perdono d’animo, reindirizzano i loro interessi ed attività per rilanciarsi. Ed ecco che oggi si confermano indicazioni già emerse da altre inchieste, e cioè sia il riannodarsi dei fili oltreoceano per riaprire la rotta Sicilia-USA, e così riconquistare un protagonismo internazionale nei grandi traffici illeciti internazionali, sia l’investimento di risorse umane e finanziarie nel settore dei giochi, dalle scommesse fino al mondo del calcio.

Allora viene da chiedersi come mai l’illegalità possa penetrare così profondamente in un settore, quello dei giochi e dello sport, che in quanto regno delle regole dovrebbe restarne immune. Il problema sta proprio qui: c’è qualcosa che non funziona nella nostra società. I nostri sono tempi difficili per le regole, perfino nei giochi. Il miraggio del successo a tutti i costi, al punto che il detto di Pierre de Coubertin “l’importante non è vincere, ma partecipare” oggi viene ritenuto superato, perfino ridicolo. Anzi, chi vince violando le regole viene ammirato come un furbo, non disprezzato come un delinquente. Ed allora, sarà sempre più difficile sconfiggere la mafia fin tanto che prevarrà questo modo di pensare a tutti i livelli, nella sopraffazione del concorrente perfino nel gioco e nello sport, dove si formano i giovani. Ecco l’importanza del rispetto delle regole del gioco. La mafia non si sconfigge solo con la repressione, ma anche costruendo una cultura delle regole diversa, anche riconquistando alle regole il mondo dei giochi e dello sport. Perché altrimenti prevarrà un altro regolamento, quello fondato sulla legge della sopraffazione del più forte sul più debole, della violenza della vendetta, quello dell’organizzazione mafiosa.
(nella foto il presidente del Villabate Calcio, Salvatore Arena, presunto prestanome del boss Giovanni D’Agati)

* Antonio Ingroia è procuratore aggiunto alla Direzione distrettuale antimafia della procura di Palermo


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