CATANIA – Migliaia di ore di intercettazioni. Indagini, la ricerca di riscontri incrociati. E ora un verdetto del Tribunale di Catania – sezione Misure di prevenzione, che chiude, ma solo momentaneamente, la partita. Di Antonino Paratore e suo figlio Carmelo, gli imprenditori catanesi a cui la Dia ha confiscato ieri beni per un valore stimato di 100 milioni di euro, hanno parlato anche delle gole profonde della mafia catanese.
Ne hanno parlato Santo La Causa e Gaetano d’Aquino. Hanno parlato del legame di Antonino con Maurizio Zuccaro, un pezzo da Novanta della mafia catanese, cognato di Salvatore Santapaola e condannato per l’omicidio di Luigi Ilardo, che risale al ‘96. Ma la partita è tutt’altro che chiusa.
Il provvedimento del Tribunale può teoricamente passare al vaglio di un eventuale appello. Sta di fatto che per ora è stato disposto il congelamento dei beni. E nel verdetto si ricorda il legame a doppio filo che per i pentiti, e per gli inquirenti, ci sarebbe tra i Paratore e Zuccaro.
Il legame con i Santapaola
Padre e figlio ci sarebbero stati al battesimo della figlia di Zuccaro e al matrimonio del primogenito. Un percorso che avrebbe portato Paratore padre a diventare, da umile carpentiere, a uno dei più importanti imprenditori dell’Isola. Il tutto, secondo gli investigatori, grazie a flussi di denaro provenienti dal clan Santapaola Ercolano, di cui Zuccaro era un capo.
Così si è espresso il pentito La Causa: “Nino Paratore è un imprenditore di Zuccaro Maurizio nel senso che non è vittima, ma un imprenditore che immette i soldi di Zuccaro Maurizio nel mercato ovvero Zuccaro Maurizio investe e ricicla i soldi propri nelle imprese di Paratore di cui, in questo senso, è socio”.
Il boss Maurizio Zuccaro
Zuccaro è tuttora detenuto al carcere di Milano Opera. Per lui il 14 gennaio 2014 fu disposto anche il 41 bis, il cosiddetto “carcere duro” per i capimafia. Era un potente boss del clan Santapaola-Ercolano. Ed è ritenuto uno dei responsabili dell’omicidio di Luigi Ilardo.
Per l’omicidio Ilardo hanno preso la condanna al carcere a vita altre tre persone assieme a lui: Giuseppe Piddu Madonia, capomafia storico della famiglia di Caltanissetta, Vincenzo Santapaola, figlio del boss Turi, e Benedetto Cocimano.
L’indagine patrimoniale
Gli investigatori definiscono la scalata imprenditoriale dei Paratore “una formidabile impennata” iniziata intorno alla fine degli anni ‘90. Per i giudici tutto sarebbe dipeso da “massicce immissioni di capitali non giustificate dalla capacità economico–finanziaria, flussi di denaro “provenienti dall’attività illecita del boss Zuccaro”.
Sono state confiscate adesso 14 società che operano soprattutto nei settori della raccolta e trattamento dei rifiuti, nella gestione di stabilimenti balneari, nell’acquisto, nella gestione e nella vendita di immobili. Congelati inoltre 8 fabbricati e vari rapporti finanziari. Da qui la stima di un valore di 100 milioni.
Ai Paratore è stata imposta pure la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per tre anni. Ma il provvedimento, come detto, è impugnabile.