Cosa penserebbero Falcone e Borsellino di questa nostra antimafia?

Cosa penserebbero Falcone e Borsellino di questa nostra antimafia?

Il ricordo, la retorica, le carriere e le fazioni in campo
L'ANNIVERSARIO
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Cosa penserebbero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino della nostra antimafia? La risposta è impossibile da ottenere, ma la domanda ha un senso, perché può servirci per riflettere.

Può servirci, cioè, per paragonare l’antimafia contemporanea ai profili sobri di persone che servirono lo Stato in un solo modo: badando alla sostanza, schivando la retorica. (nella foto, l’Albero Falcone)

Il 23 maggio di Capaci e il 19 luglio di via D’Amelio rappresentano un contenitore di emozioni sincere, di saluti istituzionali, di innocenza e perfino della furbizia che accompagna molte verginità rifatte. E’ inevitabile che risuonino vibrazioni retoriche.

Ma poi resta l’antimafia nuda, questa nostra antimafia, più spesso legata alla circostanza che alla continuità. Cosa ne penserebbero coloro che abbiamo chiamato eroi?

Esiste, ancora, una radice pura dell’antimafia. Nella predisposizione alla conoscenza, nell’impegno sul territorio, nella laicità che si accosta ai problemi, sapendo che rimangono immensi.

Esiste – quell’antimafia originaria – nella capacità di cogliere i cambiamenti e di riconoscere il riscatto complessivo, dopo anni di oscurità, nella disponibilità a non agitare fantasmi, imparando la lezione della storia.

Però, ci sono anche le ‘antimafie di complemento’. L’antimafia delle carriere, che ha intravisto ottime possibilità di successo e si è accomodata a tavola. L’antimafia delle scomuniche di chi si considera l’unico depositario della verità, per cui taccia tutti gli altri di eresia.

E c’è l’antimafia delle fazioni, che utilizza il tema in chiave di riscossione politica. Gli anniversari nelle imminenza delle Elezioni Europee offrono un redditizio palcoscenico.

E c’è l’antimafia del profluvio di comunicati stampa presenzialisti. Inevitabile, come increspature che non lasceranno traccia nella memoria.

La vera antimafia è nata come una risposta a un’angoscia impenetrabile, dal sentimento di ribellione al male. Dovrebbe essere uno specchio collettivo per tutti, non – come talvolta può apparire – un insieme incoerente di pezzetti di vetro, con un riflesso opaco.

Oggi, 23 maggio 2024, trentadue anni dopo la strage di Capaci in cui morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, è un buon giorno per ricordarlo.


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