PALERMO – C’è un vento che soffia forte sulla politica siciliana. Un vento a 5 Stelle che s’è già fatto sentire alle ultime amministrative. E che i guasti di una Regione “sgovernata” continuano ad alimentare giorno dopo giorno. Anche se a Palazzo, con un infondato ottimismo, qualcuno spera ancora di poter invertire la rotta. Fuori, però, si parla un’altra lingua. Che è la stessa dell’efficace retorica populista dei grillini. Ai quali la “vecchia” politica offre assist su assist.
Prendete la vicenda dei rifiuti. Tante parole, tanti vecchi e stanchi riti, tanti odiosi scaricabarile, come abbiamo raccontato in questi giorni su Livesicilia. Ma le parole farfugliate dai partiti non lasciano traccia sull’opinione pubblica, la munnizza, quella sì. La sua vista e il suo odore rimangono e diventano per l’opinione pubblica l’immagine tangibile di un sistema che è collassato e che, con mille attenuanti per carità, si è rivelato incapace di fare la prima cosa che le Istituzioni dovrebbero fare, cioè dare risposte concrete ai bisogni di una comunità. E così i ragazzacci di Grillo, che fin qui tranne rare e poco significative eccezioni, hanno agito liberi dal peso della responsabilità di governo, nella comoda oasi dell’opposizione che non si sporca le mani, hanno vita facile nel mettere a segno le loro azzeccate mosse mediatiche. Come quella dell’autocompattatore portato davanti a Palazzo d’Orleans dal sindaco di Bagheria Cinque insieme ad altri colleghi. Una trovata comunicativa efficace, in sintonia perfetta con lo spirito di un’opinione pubblica stanca, disillusa e irritata. Immagini concrete, tangibili, come un sacco di munnizza, contro verbosi giri di parole che avvolgono fallimenti. Proprio come era stato con la famosa trazzera nei mesi oscuri della Sicilia spezzata in due. Quella ripida discesa, snobbata come propaganda sterile dagli avversari, si innestò alla perfezione nella disperata voglia di concretezza che divorava gli avviliti siciliani in quei giorni. Ed è rimasta nella memoria, più di mille parole.
Insomma, i 5 Stelle oggi parlano una lingua che l’elettorato capisce. Il Palazzo in questo fatica da tempo. E fintanto che l’esperienza di governo dei grillini in Sicilia si limita tra alti e bassi (dai pasticci di Gela con l’espulsione del sindaco alle grande per l’abusivismo a Bagheria) a qualche comune, tutto ciò mette al riparo i 5 Stelle dall’essere assimilati agli “altri”, come è toccato con tragica rapidità all’ex “nuovo” Matteo Renzi. E così in Sicilia ogni giorno in più di questo governo, che arranca da un’emergenza all’altra senza dare la sensazione di riuscire a gestire i processi, si trasforma in uno spot per il populismo dei grillni. Visto anche che l’altro potenziale attore della contesa, il centrodestra, in Sicilia sembra impantanato in una visione nostalgica e fuori dal tempo. Serve inventarsi qualcosa di diverso e di nuovo per centrosinistra e centrodestra. Tra gli appelli per “ricompattare i moderati” (o per “rilanciare le riforme”) e una trazzera, in questi giorni di stanchezza e rabbia non può esserci partita.