Covid e Chiesa, l'emergenza vista dalle parrocchie dell'Isola - Live Sicilia

Covid e Chiesa, l’emergenza vista dalle parrocchie dell’Isola

Meno fedeli a messa, giovani disorientati, più bisognosi da assistere: la seconda ondata travolge la Chiesa siciliana.

La seconda ondata dell’epidemia da Covid-19 e un possibile nuovo lockdown in prossimità del Natale hanno messo in allarme anche i vertici della Conferenza episcopale italiana che da settembre con il riavvio alle attività pastorali è alle prese con un difficile “ritorno alla normalità” dopo la storica prima serrata delle chiese causa pandemia che ha costretto anche a celebrare la Pasqua in maniera quasi catacombale.

La vita nelle parrocchie

E il fermento corre soprattutto nelle prime linee della Chiesa siciliana, tra i preti, sopratutto parroci, che dopo la fuga online determinata dal divieto imposto dal governo per le celebrazioni pubbliche stanno facendo i conti con un quadro inedito che ha spesso messo in discussione prassi pastorali consolidate e addirittura antiche tradizioni ma anche con una certa delusione.

“Quelli che invocavano a gran voce la celebrazione dell’eucarestia non sono tornati”, dice con un filo d’amarezza don Angelo Tomasello, parroco di san Gabriele Arcangelo a Palermo, che come tanti suoi confratelli fa i conti non solo con presenze contingentate e sanificazioni ma anche con le paure e le diffidenze di quanti dopo il lockdown adesso esitano o addirittura evitano cattedrali e parrocchie.

“Abbiamo un popolo più fragile e più spaventato – sottolinea don Giuseppe Amato della diocesi di Cefalù – siamo più poveri, dobbiamo fare i conti col il distanziamento che ha acuito le distanze non solo fisiche tra la gente e dobbiamo lottare per vincere la cultura del sospetto e ritornare ad essere Comunità che accolgono e nelle quali ci si accoglie”.

Don Giuseppe che da poco ha lasciato la parrocchia di Pollina per quella di Gangi però ci tiene a ribadire un concetto: “Le Chiese non sono luoghi di contagio, ma sono e rimangono sempre luoghi di presenze reali e di Presenza”.

Meno fedeli a messa

Il calo delle presenze in chiesa, soprattutto alla messa domenicale è un dato unanime in tutte le parrocchie dell’isola. Un dato che preoccupa i pastori di anime sul piano spirituale ma anche sul versante socio-economico come sottolinea don Massimiliano Turturici, prete palermitano della parrocchia di san Giuseppe Cafasso nel popolare quartiere dell’Albergheria: “Non dobbiamo essere ipocriti, meno presenze in chiesa significa anche un considerevole calo delle offerte mentre crescono a dismisura le spese. Oltre alle bollette – spiega don Massimiliano – una parrocchia adesso deve sostenere le spese anti-covid, dalle mascherine alle ripetute sanificazioni dell’aula liturgica e degli altri locali senza considerare ad esempio che in quartieri come il nostro dove c’è un forte disagio economico che è stato acuito dalla pandemia facciamo i conti con una povertà crescente. Siamo passati da 40 famiglie assistite a 150 e purtroppo abbiamo anche cominciato a registrare ripetuti furti in chiesa”.

Emergenza giovani

A preoccupare la Chiesa siciliana è anche l’universo giovanile che se durante il lockdown si era dimostrato incuriosito dalla missione sul web dei pastori adesso fatica a riprendere i contatti con le comunità parrocchiali: “Nei giovani – spiega don Massimiliano Lo Chirco, collaboratore della pastorale giovanile dell’Arcidiocesi di Palermo – è aumentato il senso di disorientamento e la loro presenza in chiesa si rarefatta. Con un battuta potrei dire che oggi i giovani si contagiano dovunque tranne che in chiesa”.

Internet però sembra non essere una soluzione per i pastori siciliani che pur sapendolo usare bene e con un certo successo anche i social sembrano diffidare di questo percorso come ad esempio don Giuliano Gallone, giovane prete siracusano che pur non avendo disdegnato di cantare in tv del programma di Italia 1 “All together now” spiega: “personalmente ho preferito non celebrare online. Ho spiegato alla mia comunità che c’erano già i canali ufficiali per seguire le celebrazioni e che a mio avviso si sarebbe stata una eccessiva narcisistica personalizzazione del prete x o del parroco y. Cosa a mio avviso opportuna che però è avvenuta”.

Ancora più netto don Giuseppe Inglese, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Mazara del Vallo: “Il web è solo uno strumento che non può soddisfare il desiderio di pienezza e bellezza che portiamo nel nostro cuore e che ci rimanda alla originale relazione umana creata da Dio per amore”.

La prudenza sulla chiesa online sembra essere condivisa anche dai laici come Giuseppe Costa, docente di liturgia alla scuola teologica di base dell’Arcidiocesi di Palermo, che evidenzia come “la pandemia abbia esasperato un certo aspetto intimistico della fede testimoniato dalla crescente domanda di celebrazioni in streaming e da un dolore più per l’assenza di alcune devozioni che delle liturgie”. Un aspetto quest’ultimo confermato dal parroco di Gangi don Amato “sembra che la preoccupazione sia quando posso ritornare a fare la processione o la tredicina al santo di turno…”.

Covid e Chiesa, tempo di cambiamento

Ascoltando preti e fedeli l’impressione è che il tempo del Coronavirus sia il tempo della grande incertezza e forse, come sussurra qualcuno, quello di una occasione mancata di revisione e cambiamento. Perché oltre alle difficoltà per celebrare i sacramenti tenendo conto dei distanziamenti e delle sanificazioni, all’annullamento delle processioni e delle vie crucis c’è la sensazione che il Covid abbia messo a nudo tutte criticità già note alle comunità ecclesiali.

Lo rileva chiaramente un osservatore attento della vita ecclesiale come Giampiero Tre Re, docente di filosofia nelle scuole ed esperto di teologia morale, che tra disincanto e atteggiamento sapienziale avverte: “Il Covid per la Chiesa non ha significato alcunché, accelererà quello che deve avvenire già da tempo”.

Tre Re non è preoccupato dal calo di fedeli che era già un fatto prima della pandemia ma da casi come quelli dei cardinali Becciu e Pell e propone un approccio diverso: “Il non ritorno alla messa delle persone non è un dramma ma può essere uno spunto. La missione della Chiesa non è far venire le persone a messa, la missione della Chiesa è l’annuncio”.

“Il Covid svela una crisi che c’è già”, ripete come un mesto mantra Tre Re rilevando divisioni già note a tutti che stanno per divenire insanabili.

Il corpaccione della Chiesa siciliana, ultimo bastione ecclesiale di un’Europa e di un’Italia sempre più secolarizzate, freme e si interroga sul Coronavirus che è penetrato nella Chiesa ma sotto sotto cova sempre il timore per quel “fumo di satana” denunciato da Paolo VI che è entrato nel Tempio di Dio. E l’istinto per i preti in prima linea è quello di barcamenarsi tra disincanto e sapienza volgendo lo sguardo alle Curie e al papa teorico della “Chiesa in uscita”. Ai pastori l’ardua sentenza.


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