Covid, muore Paolo Di Mauro: funerali vietati per il boss

Covid, muore Paolo Di Mauro: funerali vietati per il boss

Noto come ‘u prufissuri’, ritenuto dagli inquirenti il referente dell’intera area ionico etnea per i “mussi i ficurinia”.
ERA IN GRAVI CONDIZIONI
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CATANIA. È deceduto lunedì sera all’ospedale San Marco di Catania, per le complicanze causate dal Covid 19, Paolo Di Mauro, noto come ‘u prufissuri’, ritenuto dagli inquirenti il referente dell’intera area ionico etnea per i “mussi i ficurinia”, il clan Laudani di Catania. Da alcuni giorni il boss di Piedimonte Etneo, che venerdì scorso aveva compiuto 66 anni, era ricoverato in gravi condizioni in terapia intensiva. Funerali pubblici vietati per il boss. Il questore di Catania, Mario Della Cioppa, su richiesta dei carabinieri del Comando provinciale di Catania, ha infatti disposto il divieto di svolgimento del rito funebre in chiesa per motivi di ordine pubblico. La salma ieri è stata condotta dal nosocomio direttamente al cimitero di Piedimonte Etneo, dove le esequie si sono svolte in forma strettamente privata. Già da lunedì sera, quando la notizia si è diffusa, e fino a ieri una vera e propria processione si sarebbe registrata in direzione del piccolo comune pedemontano. In molti sarebbero andati a rendere omaggio al boss. Numerosi anche i posti di controllo disposti dai militari dell’Arma, che hanno anche monitorato il via vai dall’alto con un elicottero. Con la morte di Paolo Di Mauro se ne va l’ultimo boss, per carisma ed autorevolezza, dell’area ionico etnea. 

IL PROFILO. Nell’appellativo ‘u Prufissuri’ è racchiuso tutto il rispetto di cui ha sempre goduto, anche nelle alte sfere, Paolo Di Mauro. Non c’era dissidio o questione importante che riguardasse la Sicilia nord orientale che non passasse per Piedimonte Etneo. A rivelare il peso e la stima che lo circondavano è lo stesso super pentito Giuseppe Laudani, che ai magistrati racconta l’importanza strategica di Piedimonte Etneo nello scacchiere del clan. “…è importante perché, perché in un periodo di guerra, per la latitanza, per qualsiasi cosa – spiega Giuseppe Laudani – si può andare in questo paese tranquillamente, è diciamo un porto sicuro, perché loro poi, a parte questo nel paese di Piedimonte sono tutti o mezzi parenti o parenti, comunque sanno chi entra e chi esce in qualsiasi momento”. Il controllo totale del territorio ma anche una fitta rete di legami con trafficanti di armi rendevano Paolo Di Mauro una figura di spicco per l’intero clan. “…se noi dovevamo comprare un quantitativo ingente di armi – racconta ancora il super pentito – allora ci rivolgevamo a Paolo di Piedimonte, per esempio facevamo un’ordinazione: ci servono 30 casse, 20 pezzi, e via dicendo, tutte queste cose”. Pistole, fucili ma anche kalashnikov e Uzi, venivano spesso sotterrati dal clan nelle campagne di Piedimonte Etneo pronti per essere recuperati quando servivano.

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