Mentre lui guida, lei guarda fuori dal finestrino, senza parlare. Ma i momenti di silenzio prolungato sono pochi; da giorni preferiscono parlare. Di tutto: di cosa pensano e credono del momento attuale, delle storie che incontrano, delle cose che ascoltano alla radio. Di loro. Sì, certo, da qualche tempo parlano di loro, delle loro vite da ragazzi e di come il mondo vorrebbe che fossero già adulti, maturi, responsabili e comprensivi.
Quando è fuori dalla macchina lei si arma di tutto punto: tuta bianca, mascherina, visiera, guanti, calzari. Lui resta al posto di guida, mentre ascolta lei che risponde al citofono: “Buongiorno, è l’USCA, siamo qui per il tampone”, e guarda fuori dal finestrino lo stesso paesaggio che lei ammirava poco fa, mentre lui guidava. Primavera; ancora, come l’anno scorso. Primavera silenziosa. Attraverso la mascherina la primavera non si può odorare.
Lui pensa alla sua vita; con Giulia le cose non vanno bene. Guarda la campagna con gli occhi poetici di un regista nel set di un film introspettivo, evitando di soffermarsi su dei cassonetti ricolmi, in primo piano.
Lei pensa alla sua vita; con Massimo le cose non vanno bene. Sarà per questa maledetta condizione di lontananza fisica, che li fa litigare di meno ma sfuggire di più.
Dopo qualche minuto lei esce da una casa non più anonima. “Che tenerezza; due anziani soli. Credo di aver fatto un po’ male a lui, col tampone. Gliel’ho chiesto, e lui sai cos’ha risposto? ‘Un si preoccupasse, signorina, haiu ‘u nasu scimunitu!’”. Ridono.
Togliersi la tuta è faticoso; indossarla lo è ancora di più. Lei si dimena sempre con lo stesso impaccio, ancora non riesce a rendere disinvolti i movimenti. Lui l’aiuta pazientemente. Al termine di ogni operazione si accasciano sui sedili dell’auto. Poi si guardano negli occhi. Le mascherine, che non si tolgono mai, stanno sempre lì, a coprire tutto, tranne gli occhi. E gli occhi si guardano sempre, per momenti sempre un po’ più lunghi.
“Distanziamento sociale”. È una brutta espressione. “Se ci pensi bene è un ossimoro”, dice lei. Lui non sa cos’è un ossimoro. Mascherato com’è, si sente più sincero, più autentico, non deve fingere niente, come fa abitualmente con Giulia. Non gli è difficile confessare la sua ignoranza: “Cos’è un ossimoro?”. Lei ride, ancora una volta; com’è bello ridere, con Massimo non rideva più da un pezzo. “È un’espressione contraddittoria, come dire ‘ghiaccio bollente’, ‘silenzio assordante’, ‘lucida follia’. Un distanziamento non può mai essere ‘sociale’, non credi?”. È vero. Maledizione, è proprio vero. Quanto ci mancano gli abbracci; quanto abbiamo capito che sono indispensabili come l’acqua, il pane e la primavera.
Adesso riprendono a camminare; per servizio sono stati mandati in posti impervi, in mezzo alla campagna. C’è da andare in un altro paesino poco distante, dai, andiamo. Un attimo, un attimo solo. Io ho visto una primavera silenziosa, poco fa. Tu hai visto un dolore silenzioso, poco fa, negli occhi di due anziani soli. Hai fatto caso? Quando ci si guarda negli occhi, solo negli occhi, si finisce dritto dritto nell’anima dell’altro. Cancelli il resto, la bocca, il naso, l’espressione. Resta solo la sua anima. E la sua voce. Guardami, adesso. Loro, i loro occhi, il silenzio. Lei ha il corpo coperto; un burqa del duemila le sta nascondendo tutto, tranne l’anima, completamente nuda in fondo a quegli occhi. Lui ha la visiera sopra la mascherina, a nascondere tutto di lui, tranne i suoi occhi ragazzini, pronti a tuffarsi negli occhi di lei come da una scogliera, verso un mare che lo attrae. Pericoloso, come tutti i mari.
Camminando lui mette su della musica. “No! Anche a te piace Paolo Nutini?”. Abbiamo gli stessi gusti. Abbiamo le stesse anime. O forse vogliamo pensare di averle.
Basta mettere insieme tutti i momenti in cui in questo tempo, in questo assurdo momento di distanza “sociale”, ci si guarda tra estranei, e si diventa sempre meno estranei, e sembra che ci si conosca anche meglio di prima. Ci si scruta dentro l’anima. Lei lo ascolta. Tira un sospiro fuori dal finestrino: la primavera non si odora. Eppure c’è.