Crocetta non ha mai amato Baccei | L'ultima spallata per cacciarlo via - Live Sicilia

Crocetta non ha mai amato Baccei | L’ultima spallata per cacciarlo via

Il governatore ha annunciato: "Azzero tutto, serve un governo politico". Così, il quarto rimpasto sarà l'occasione per mettere alla porta anche il "tecnico" scelto da Roma. Un sollievo per il presidente che non è mai andato d'accordo con l'"inviato speciale" di Renzi, Delrio e Faraone.

PALERMO – Alessandro Baccei non è mai stato un assessore di Rosario Crocetta. È sempre stato un’altra cosa. Una presenza forzata, nell’esecutivo. Un governo dentro il governo. Una repubblica autonoma nella Regione “rivoluzionata”. Tra i due, assessore all’Economia e governatore c’è sempre stato un muro. Quello che separa nell’immaginario Palermo da Roma, la Sicilia dal resto d’Italia, la Regione dalla ragioneria spietata dei conti che faticano a quadrare.

Adesso Crocetta afferma di volere azzerare la giunta. Si prepara a operare il quarto rimpasto, quello “necessario” a compiere le riforme che per tre anni ha annunciato e mai compiuto. Quello che porterà la Sicilia alla cifra record di cinquanta assessori in 36 mesi. Uno ogni venti giorni.

E sono in tanti a pensare che, tra i dodici assessori uscenti, il governatore sarà felicissimo di accompagnarne alla porta di Palazzo d’Orleans soprattutto uno: l’economista inviato da Renzi e – soprattutto – da Davide Faraone. E del resto, Baccei non è più l’assessore di Crocetta, ammesso che lo sia ma stato. Basta leggere le dichiarazioni del governatore di pochi giorni fa, a margine dell’incontro col Cipe. “Baccei ha diffuso falsi allarmismi. E’ stata Mariella Lo Bello a chiudere quell’accordo – ha rivendicato – un dialogo che ho iniziato io, non Baccei”. Parole surreali, a leggerle bene. Come se quell’assessore non facesse parte del governo. Come se Crocetta non fosse il “suo” presidente. Ma Crocetta non è il presidente di Baccei. Non lo è mai stato. Troppe le questioni concrete e immateriali che li dividono. E che hanno incrinato il rapporto fin da subito, fino all’epilogo che ormai sembra vicino. Nonostante venga raccontato come un fatto “generale”, di revisione totale della giunta. Così, le ultime parole di Crocetta somigliano a una “spallata”, l’ultima, per cacciare l’assessore. Frasi tirate fuori non a caso. Perché i tempi adesso sono maturi. Perché se Crocetta sarà felicissimo di salutare Baccei, oggi anche molti big della sua maggioranza non si strapperanno le vesti.

Un anno, tanto è durata la storia che non è mai stata d’amore tra Crocetta e Baccei. Iniziata subito male. L’assessore, in occasione delle prime uscite ufficiali, a ridosso dello scorso Natale, spiegò alla stampa che il bilancio della Regione era un disastro, che senza l’aiuto di Roma non si sarebbero mai messi a posto i conti, che bisognava fare delle operazioni non ideali come l’utilizzo dei Fondi per gli investimenti per coprire il buco di bilancio. Una operazione-verità, secondo l’assessore. Che fu letta diversamente. Dalle opposizioni, ovviamente, che indicarono Baccei come il “becchino” di un’Isola allo stremo o nel migliore dei casi come l’inviato speciale giunto qui a fare gli interessi di Roma. Ma anche Crocetta, già allora non gradì: “Ce l’abbiamo sempre fatta – commentò stizzito – anche prima di lui. Ce la faremo anche stavolta”.

Arriva l’anno nuovo e un durissimo attacco viene portato in Aula all’assessore, insediatosi da poche settimane, da Antonio Malafarina, uno dei deputati più vicini al presidente Crocetta. Il casus belli fu il Documento di programmazione economico-finanziaria che, secondo il parlamentare del Megafono, non prevedeva “nessuna ipotesi di sviluppo per i settori cardine dell’Isola”. In quei giorni si esaminava una faticosissima manovra finanziaria. Tra le parti più discusse, quelle riguardanti i dipendenti pubblici. E proprio in quel contesto ecco che era affiorata un’altra manifestazione dell’insofferenza, una delle più plateali prese di distanza del governatore. I sindacati chiedevano la cancellazione o la ridiscussione di alcune norme secondo loro penalizzanti per i dipendenti regionali, così Crocetta davanti ai rappresentanti dei lavoratori decise di alzare il telefono: “Adesso chiedo all’assessore Baccei se si può fare”. No, non si poteva fare. Ma quella telefonata, vera o presunta, fu il chiaro esempio del solco esistente tra l’uno e l’altro. E anche della volontà di scaricare su Baccei il peso e la paternità di certe scelte. Cosa assolutamente comprensibile, d’altra parte. Perché Baccei quelle crociate se le è intestate. Anche se, in qualche caso, alcune mosse sono apparse più utili a Roma che alla Sicilia, dai mega-mutui accesi per il pagamento dei debiti, fino alla cancellazione dal bilancio di residui attivi considerati inesigibili, ma che vedevano come debitore della Sicilia proprio lo Stato centrale. E un altro esempio è stato affidato alle cronache nel febbraio di quest’anno. Quando il governatore era riuscito a “smarcarsi” un attimo dalla presenza dell’assessore-controllore, impegnato a Roma. Giusto il tempo di convocare una giunta e decidere di presentare ricorso contro pezzi della legge di stabilità nazionale. Come se non fossero materia dell’assessore all’Economia, all’oscuro di tutto.

Da quel giorno non è cambiato praticamente nulla. Se si escludono picchi di tensione stemperati nel mantra: “Con l’assessore c’è massima armonia”. E invece non è mai stato così. Perché Baccei, nonostante i toni pacati, ha “investito” la macchina regionale mettendo il piede – per ragioni di bilancio, ovviamente, che sono quelle di sua competenza – anche in settori non del tutto propri. Un atteggiamento che ha finito per infastidire anche ampie fette della maggioranza.

Nei giorni successivi all’approvazione del bilancio, poi, pendeva ancora sulla Regione un accordo con lo Stato per la liberazione di circa mezzo miliardo di euro. Dato per certo durante la Finanziaria, quella firma non arrivava. E se non fosse davvero arrivata, Crocetta avrebbe dovuto trovare i soldi altrove. La tensione sale. Il governatore si scaglia contro Davide Faraone, ma tirando in ballo l’assessore: “Richiami in causa sempre, caro Davide, Baccei! Tu che c’entri con Baccei? Non ti fare scudo con altri, esci ‘nature’”. Il governatore manifestava la propria insofferenza per una “invasività” del governo romano che cresceva di giorno in giorno e che culminerà in una raffica di impugnative e “censure” alla Regione.

Baccei però non pagherà, nei rapporti interni all’esecutivo subito degenerati, per il suo sguardo rivolto verso la Capitale. Semmai, per il fatto di avere – a torto o a ragione – puntato i riflettori contro alcune storture. Senza indorare la pillola. Con l’intento, secondo i detrattori, di far apparire decisivo l’intervento di Roma e dei siciliani che rappresentano il governo nazionale. Di minare, insomma, l’autonomia dell’Isola.

Poche settimane dopo l’approvazione del bilancio ripartono gli scontri. Anche stavolta, l’attacco a Baccei sarà “indiretto”. L’affondo giunge infatti dalla vicepresidente della Regione e “alter ego”, ormai, del governatore, Mariella Lo Bello. L’accusa a Baccei, stavolta, è quella di non aver previsto in manovra i soldi per fare partire i corsi di Formazione indirizzati ai ragazzi delle scuole. Un ritardo che aveva portato il Ministero dell’Istruzione (già, proprio quello in cui Faraone ricopre il ruolo di sottosegretario) a una minaccia di commissariamento.

Ma Crocetta fu più diretto circa un mese dopo quando, in occasione dell’ingresso in giunta di Giovanni Pistorio, puntò il dito contro un assessore all’Economia “troppo rigido. Continuiamo a parlare lingue diverse”. Una idea, questa, che nel corso dell’anno ha finito per coinvolgere, come detto, molti deputati, preoccupati per una campagna elettorale troppo vicina per presentarsi a essa sulla scia di scelte impopolari. Una preoccupazione giustificata da alcune prese di posizione ufficiali di Baccei, come in occasione della manovrina di assestamento di un mese fa, quando polemizzò con pezzi della maggioranza e indirettamente anche con la collega dell’Agricoltura Rosaria Barresi sui fondi da destinare ai Consorzi di bonifica. “Prima approvino i bilanci”, disse in sostanza Baccei.

L’assessore, insomma, ha giocato il ruolo dello “stopper” di Crocetta, del suo “marcatore a uomo”. Avversari, in campo. Non certo compagni. E più che i fatti o le parole, indicativo fu il silenzio. Pochi giorni fa all’assessore è state recapitata una lettera anonima di minacce. Un argomento che solitamente accende la sensibilità di Crocetta. Ma nella valanga di attestati di solidarietà non è stato rinvenuto quello del governatore. Come se Baccei non fosse il suo assessore. Come se, in fondo, non fosse stato mai, fin dall’inizio, un suo assessore.


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