PALERMO – “Io penso che si possa e si debba ripartire. E non credo che Crocetta possa essere il capro espiatorio di tutto”. Lino Leanza fa mostra del consueto equilibrio. Definirlo soddisfatto per il risultato delle Europee non sarebbe sufficiente. Felice forse rende meglio. L’exploit della sua candidata Michela Giuffrida, eletta con 92 mila voti battendo la concorrenza degli alfieri di tutte le correnti del Partito democratico, è stato probabilmente il risultato più clamoroso di queste Europee in Sicilia.
Qual è stata la formula per ottenere un risultato del genere?
“Tre fattori: Renzi, il nostro candidato e la voglia di contarsi di Articolo 4. è stato una sorta di mix perfetto”.
Com’è nata la scelta di Michela Giuffrida?
“Avevamo bisogno di una persona nota, preparata, che avesse contezza della situazione politica e he avesse la capacità di interpretare la protesta ‘buona’”.
Alla vigilia del voto, lei si è sbilanciato pronosticando il successo della Giuffrida. Quando ha apito che potevate farcela?
“A metà della campagna elettorale. Dovunque c’erano sale piene, gente motivata, c’era tanta convinzione. Il messaggio di Michela passava con facilità”.
Come proseguirà il rapporto che avete instaurato col Pd?
“Avevamo bisogno di una contaminazione positiva. E questo poteva darcelo solo il Pd. Sono convinto che le proposte di Renzi erano molto vicine al nostro modo di fare politica. Penso che nei prossimi anni ci muoveremo in quest’alveo. C’è un solo handicap. Purtroppo il Pd quando vince e quando perde non riesce a trovare la pace”.
Alla fine il Pd siciliano elegge una ex assessore di Lombardo e la candidata di Lino Leanza, cioè lo storico numero due di Lombardo. Dobbiamo chiamarlo Mpd?
“No, sono due storie diverse, in due momenti diversi. Le accomuna un radicamento nel territorio e lo stare a contatto con la gente”.
Parlava del Pd litigioso. Non sembra che la musica cambi dopo il successo…
“Noi avevamo l’esigenza di contarci sul campo. Rischiando tutto: un risultato negativo avrebbe limitato le nostre aspirazioni politiche. Oggi, alla luce del consenso ottenuto fuori casa, chiediamo stabilità. E un atteggiamento positivo per risolvere i problemi dei siciliani”.
Le sembra che ci siano queste prospettive?
“Se tutti facciamo la nostra parte, questo governo ha una ragione di esistere. Non può essere Crocetta il capro espiatorio. Mi è dispiaciuto che a elezioni finite, quando ci sarebbero tutte le condizioni per sedersi attorno a un tavolo e fare le valutazioni per guardare al futuro, abbiamo assistito ancora a liti e attacchi anche ingenerosi nei confronti del presidente. È arrivato il momento per il Pd di sedersi, guardarsi negli occhi e decidere cosa fare. Ci sono le condizioni per dare alla Sicilia un governo stabile”.
Sulla manovrina la maggioranza è stata coesa…
“Esatto, quella è la strada. Con impegno e buon senso si possono ottenere risultati per i siciliani”.
Lo scontro nel Pd ha dato l’impressione di essere degenerato sul personale…
“La politica dei pozzi avvelenati non paga. Il rischio è che chi ha avvelenato i pozzi prima o poi quell’acqua debba berla. Ci vuole invece senso di responsabilità, e saper pensare al presente e al futuro”.
Ma c’è qualcuno che ha deciso di mandare a casa il presidente?
“Qualcuno forse ci sta pensando. O meglio, secondo me, ci spera. Alla Sicilia non serve questo, ma piuttosto un confronto sereno. Se poi non ci saranno le condizioni, decideremo tutti insieme”.
Quali sarebbero le prime cose da fare per ripartire?
“Dopo la manovrina va fatta una verifica seria e rigorosa dei conti della Regione. E si deve lavorare a una finanziaria bis senza proclami, con serietà assoluta, con le dovute verifiche e non all’ultimo minuto. E poi prepararsi in maniera puntuale alla programmazione 2014-2020. Serve un tavolo che faccia un cronoporgramma delle cose da fare”.
A proposito della nuova programmazione dei fondi comunitari: ma ne avete parlato mai nella maggioranza? La giunta, che lei sappia, se n’è occupata?
“Certamente nella maggioranza non ne abbiamo parlato. Invece deve essere il tema centrale. Vanno spese tutte le risorse della vecchia programmazione, sarebbe criminale se un solo euro tornasse indietro col disimpegno. E poi serve un dibattito vero con le parti sociali e politiche su come spendere le somme 2014-2020 per dare un colpo importante alla disoccupazione, grazie all’uso intelligente di queste risorse”.
Insomma, lei guarda avanti ancora con fiducia. Si può uscire da questa crisi della maggioranza?
“Sì, più o meno ognuno di noi ha delle responsabilità, non c’è un solo colpevole. Il tiro al piccione non serve nessuno, né da un lato né dall’altro. Programmiamo le cose da fare, fissiamo delle date certe. Ma con un impegno del governo”.
Quale?
“Non è possibile l’approssimazione con cui si portano atti all’attenzione del Parlamento. Serve più rispetto da parte del governo nei confronti dell’Assemblea e delle commissioni. Molte leggi sono state approvate anche grazie a una minoranza responsabile. I dieci parlamentari di Articolo 4 hanno sempre onorato il loro mandato. È questa la nostra cifra: umiltà, rispetto delle persone, serenità della proposta politica e grande passione”.
Ma com’è che nella sua Maletto vince la Lega?
“Non ci vado da due campagne elettorali. Maletto non è un paese leghista, sono state solo congiunture locali”.