“Totò Cuffaro è un politico esperto. Non le può dire certe frasi…”.
Gianfranco Miccichè, parlamentare regionale, fondatore di ‘Grande Sicilia’, è tradizionalmente diretto. Le vicende politiche siciliane raccontano tensioni che abbiamo documentato, fra bocciature di riforme, vertici e voti segreti. Ecco, a riguardo, il Miccichè pensiero.
Cuffaro, dunque.
“Una figura di lungo corso. Come fa, dopo la bocciatura della riforma dei Consorzi di bonifica, ad accusare solo alcuni? Come lo sa? Il voto è appunto segreto. Le sue dichiarazioni mi hanno davvero stupito”.
Sì, ma andiamo all’epicentro: da cosa dipendono le fibrillazioni?
“La verità è che all’Ars ci sono troppi scontenti. Alcuni territori ricevono attenzione, altri vengono sistematicamente ignorati e questo genera tensioni. C’è chi ottiene tutto e chi non riceve nulla, senza che ci sia un criterio chiaro o equo a guidare le decisioni”.
Non si era solennemente annunciato di andare oltre il sistema delle mance?
“Le mance non c’entrano nulla, non esistono. Quelle di cui parliamo sono sovvenzioni ai territori e sono una cosa ben diversa: fanno parte della politica, e hanno sempre avuto un ruolo fondamentale. In Sicilia molti territori vivono proprio grazie a queste risorse. Le sovvenzioni, quando ben fatte, servono a garantire coesione e sviluppo reale.”
Allora chi è che prende tutto e chi niente?
“Mi riferisco, per esempio, alla rete ospedaliera. I fondi vanno immancabilmente nella stessa direzione. Magari migliorano le strutture che già stanno bene e non alleviano il bisogno. Contano le sponsorizzazioni e c’è troppo squilibrio. D’altra parte, la vera politica non esiste più. Lo affermo con molta amarezza”.
Perché amarezza?
“Ho dovuto versare quasi trentamila euro per evitare che l’Ars fosse parte civile nel processo in cui sono coinvolto per il presunto peculato con l’auto blu, da presidente dell’Assemblea. Soffro molto per questo, non ci dormo la notte. Anche perché sono sicuro di non avere infranto alcuna legge”.
Una transazione che avrebbe potuto rifiutare.
“E lavorare dentro un’istituzione controparte in una vicenda giudiziaria? Ho preferito chiuderla. Resta la sofferenza”.
Perché, dunque?
“Perché io sono fra i pochissimi politici, forse l’unico, ad avere realizzato cose importantissime per la Sicilia. Ho lasciato una eredità di opere con le mie battaglie: la Palermo-Messina, l’Ismett, il Rimed, l’ospedale di Cefalù, per citarne qualcuna. Non ho mai tratto alcun profitto personale dalla politica. Al contrario, spesso, ci ho rimesso. Questo passaggio moralmente mi ferisce. Non voglio offendere nessuno: sono i miei sentimenti”.
Come vede il prosieguo?
“Il governo lavora bene e ottiene risultati. Ribadisco che il presidente Schifani mi sta quasi stupendo per i traguardi raggiunti, basta guardare gli indicatori economici. Non ha responsabilità di questa fase difficile. Però…”.
Però?
“Mi sento di offrirgli un consiglio: stia più attento per un maggiore equilibrio. E cambi qualcosa in una giunta che non è tutta all’altezza del suo slancio. Mi fermo qui”.
Cosa pensa dell’inchiesta che vede coinvolti, tra gli altri, il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e l’assessora Elvira Amata?
“Per l’idea che ho di Galvagno non credo che ci sia stata disonestà. Certo, ai miei tempi, le finanziarie si discutevano alla luce del sole, non al telefono con uomo sei, uomo quindici, o che altro ne so… Forse lui è stato ingenuo. Anche le foto social alla festa nuziale del figlio di Cuffaro, il 19 luglio, mi sembra che depongano per l’ingenuità”.
A questo punto le chiedo un parere complessivo.
“Sarò stringato: non ho mai organizzato ricevimenti per duemila persone, non è la mia cultura. Credo che Totò non abbia pensato alla concomitanza con l’anniversario della strage di via D’Amelio. Un altro caso di ingenuità. E comunque…”.
E comunque?
“Per il matrimonio dei miei figli farei scegliere gli invitati agli sposi. Non li sceglierei io”.
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