Cultura, il resoconto di Licandro |E assicura: "Bianco resta in campo" - Live Sicilia

Cultura, il resoconto di Licandro |E assicura: “Bianco resta in campo”

Le mostre, le iniziative per l'estate, le politiche culturali e anche Facebook. L'assessore a tutto campo.

l'intervista
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5 min di lettura

CATANIA -Nonostante le critiche, tante, il lavoro dell’assessorato alla cultura, e del suo rappresentante, sembrano aver generato alcuni frutti, importanti di fronte a una situazione nera per tanti punti di vista, e per moltissimi enti locali, e in cui è difficile intravedere spiragli. Abbiamo chiesto a Orazio Licandro, assessore alla Cultura del Comune di Catania, il resoconto del suo mandato.

Amministrare una città come Catania non è facile in generale. Ma, quando mancano i soldi sembra impresa impossibile. Come si fa cultura con poco?

Intanto mi permetta una considerazione: in questi 15 anni si è modificato il senso comune. Profondamente. Questo ha prodotto un effetto devastante, negativo, dentro la coscienza di ognuno di noi, ha portato alla perdita del senso di comunità, di bene comune, di appartenenza, e ciascuno ha pensato di difendersi, chiudendosi e preservando egoisticamente i propri interessi, dalla libertà di parcheggiare sui marciapiedi, all’abusivismo. È stato un vero e proprio corto circuito politico, istituzionale, sociale e, di conseguenza, culturale.

Da questo punto di vista la città sembra far fatica a cambiare. In questi anni cosa è cambiato, secondo l’occhio dell’amministratore?

Ci sono segnali incoraggianti, per quanto contraddittori. Siamo partiti da un punto, senza risorse. Non c’era neppure la stanza dell’assessore in questo assessorato. Il paradigma di come funzionavano le cose. Noi abbiamo fatto leva su un punto: la cultura è strumento di coesione sociale e di inclusione sociale. Non abbiamo pensato subito a grandi eventi, questi li abbiamo immaginati accanto alle strutture permanenti attorno alle quali costruire il senso di appartenenza, il recupero dell’identità e della memoria, puntando innanzitutto sui musei e, prima di tutto, sul Castello Ursino, simbolo della città. Abbiamo rivoluzionato il bene: lo abbiamo aperto in tutti i livelli, è bastato crederci e impegnarci. Abbiamo modificato gli orari e la logica conservativa dei musei, trasformandoli in luoghi dinamici, vivi. La gente si è riappropriata di questo bene. Poi abbiamo introdotto le grandi mostre: perché bisogna prendere un aereo per vedere grandi artisti?

L’attività del suo assessorato è apprezzata ma anche contestata. È così anche nella sua percezione?

Un conto è la città reale, e un altro conto è quella virtuale, quella di Facebook, dove ci si abbandona al dileggio, al sensazionalismo. Sono alcune persone, un centinaio che non corrispondono alla città reale, quella che entra a Castello Ursino, quella che lascia messaggi di apprezzamento, oltre centomila persone in carne ed ossa. Di fronte a questo, alle contestazioni “virtuali” do il senso che si meritano e comunque sto al gioco, mi diverto, uso a volte sarcasmo o durezza, ma recito la mia parte, il mio ruolo.

Soddisfatto per l’andamento delle mostre?

È una sperimentazione. Abbiamo voluto testare l’apprezzamento del pubblico, ma non abbiamo abbandonato gli altri filoni artistici. Non ci sono solo mostre temporanee, ma anche le nostre collezioni, i laboratori, altre mostre come parte della collezione numismatica che i catanesi non vedevano dal 1935. Ma anche in questo caso è solo l’inizio, non certo il punto di arrivo. Siamo anche andati oltre, ragionando sul potenziamento della rete museale. Abbiamo stretto accordi con la Oxford University, con l’Istituto del Cnr di scienze e tecnologie della cognizione, e altro. Insomma, abbiamo una serie di progetti tra cui anche il Museo egizio, che la città avrà nel 2017. La reputazione di Catania è quella che, finalmente, il suo patrimonio merita.

Come si fa senza soldi?

Credo che la ricetta sia il lavoro duro. Ci sforziamo di assicurare qualità. Possiamo sbagliare e ce ne assumiamo la responsabilità. Bisogna essere affidabili e credibili. Catania era una locomotiva deragliata e ora è sul binario giusto. I finanziamenti Pon Metro e Patto per Catania hanno un enorme importanza, ma servono i progetti. Noi non abbiamo trovato progetti e programmazione, non c’erano idee e una visione delle cose. In questi tre anni abbiamo lavorato a questo che non è un lavoro subito evidente, ma si vedrà nel tempo. Finalmente, in città, si parla di beni culturali come di sistema, e gli accordi con la Regione che non erano mai stati fatti, lo dimostrano. La convenzione per il potenziamento dei servizi di gestione dei beni, approvata dal consiglio comunale all’unanimità e l’accordo tra Regione, Comune e Teatro Massimo: il teatro antico di Catania finalmente restaurato, 1400 posti, sarà allestito perché sia destinato da subito, da quest’estate, perché sia destinato alla sua funzione antica, ovvero ospitare gli spettacoli. Non ha nulla da invidiare, con i dovuti distinguo, con Siracusa. E per farlo è bastato fare rete, fare sistema.

Lei ha più volte parlato di inizio, di avvio di un percorso lungo, e Bianco?

Il sindaco è in campo. Non penso che stia parlando di lasciti ereditarie e mi auguro non avvenga perché è un gran sindaco.

La città comunque è in difficoltà.

L’assenza di liquidità produce molte problematiche. Il sindaco è stato bravissimo nel riottenere i termini di riapertura del Dl 35, e dare respiro alle casse. Per fortuna, la credibilità, la rete di relazioni del sindaco è così solida, di aver permesso alla città di essere affidabile. Ripeto, la locomotiva che era deragliata è stata rimessa sui binari. Con 800 milioni di euro di investimenti faranno ripartire un sistema, che sbloccano opere importanti.

L’estate catanese è alle porte. Siete pronti?

Sabato si è chiuso il bando, vedremo le proposte. Noi mettiamo a disposizione le location e le strutture, e la città propone. Diamo un contributo per le spese sostenute dalle associazioni, e collaboriamo per organizzare eventi di qualità.

Altre iniziative?

Stiamo lavorando molto alle politiche del libro. quest’anno ritorna il Campiello, per la terza volta, un appuntamento importante. Siamo tornati al salone del libro. Catania è entrata nella rete delle città del libro. Lavoriamo da un anno e mezzo per fare di Catania la capitale della cultura . Non abbiamo partecipato alle edizioni precedenti ma abbiamo preferito lavorare per ottenere crediti per poter presentare la candidatura. Dobbiamo adottare il modello Matera se vogliamo avere chances, cioè portare avanti l’istanza come collettività.

 

 


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