Max, i cannoli, il partito scomparso | C'era una volta la Festa dell'Unità - Live Sicilia

Max, i cannoli, il partito scomparso | C’era una volta la Festa dell’Unità

Foto tratta dalla pagina Facebook: 'FestaUnità Palermo'

Torna quest'anno promossa dai 'partigiani'. Sarà come quella, indimenticabile, che fu? LE FOTO

Ti preparavi alla Festa dell’Unità di Palermo con gli accorgimenti previsti da un sacramento. Spolveravi con cura la libreria della sezione, come per un messaggio augurale di pulizia. Con più assiduità, perfino i recalcitranti partecipavano al faticoso volantinaggio dell’annunzio, casa per casa, nonostante le alternanze di pioggia e canicola. I social erano un fenomeno ancora inesistente, quando comincia questa storia. Perciò, le sezioni, appunto, favorivano l’incontro di mille solitudini: come Facebook, solo che ci si poteva sfiorare.

La sezione ‘San Lorenzo’ era incardinata in via Maltese, tra palazzoni residenziali e persiane che si affacciavano sulla strada. Le riunioni si intensificavano con l’approssimarsi della Festa: non bisognava sfigurare. C’era il giornalino da approntare con i suoi articoletti imperdonabilmente focosi, lo stand da preparare, il sorteggio di coloro che si sarebbero ‘liberamente’ offerti per il servizio d’ordine. Ma ogni goccia di sudore sarebbe stata ripagata dal benevolo sortilegio di una messa cantata che avrebbe lasciato addosso una strana polvere sentimentale, per metà gioia, per metà nostalgia di un nonsoché. Poi la Festa – quella vera e tradizionale al Giardino Inglese, affollata, sudaticcia e magnifica – svanì, con il suo popolo, in una caligine di rimpianti, appena interrotta da edizioni minimali e fotocopie di buona volontà sbiadite, poca roba rispetto all’originale.

Ora ritorna, così dicono i suoi vecchi e nuovi artefici. E chissà se somiglierà al suo prototipo o sarà diversa, secondo quanto previsto da un baldanzoso comunicato stampa: “Torna a settembre, a Palermo, la ‘Festa de l’Unità’ il tradizionale appuntamento del Partito Democratico. La kermesse sarà organizzata dai PartigianiDem. Ne danno comunicazione gli stessi Partigiani del Pd nella loro newsletter. “Non c’è motivo di non chiamarla ‘Festa de l’Unità’ precisando fin da subito che questa scelta non va interpretata come una provocazione al Partito Democratico anzi esattamente l’opposto. Sarà uno spazio che metteremo a disposizione di tutto il partito sia nella parte della proposta politica ma anche in quello della partecipazione, del volontariato e, perché no, del divertimento. Diamo per scontato che, laddove il Pd volesse organizzare la propria festa, saremo felici di far confluire idee e volontari alla festa del partito”.

Che già, messa così, pure un marziano sbarcato oggi intuirebbe l’incasinamento totale del Pd e della sinistra. Ma la suggestione che, comunque, ne scaturisce è consacrata all’amarcord, giammai alle beghe, e la racconta Antonio Rubino, non in quanto partigiano: nella veste di custode di una memoria collettiva.

“Dobbiamo distinguere – dice lui, il narratore – il tradizionale recinto delle feste del Pci che era molto autoreferenziale dall’incontro che abbiamo conosciuto meglio, per ragioni anagrafiche, con il Pds e i Ds, per arrivare al Pd. L’anno politicamente più tragico? Il 2001 con il cappotto siciliano del sessantuno a zero in favore del centrodestra. Più che un momento di letizia, un funerale”. Il compagno Rubino fu l’organizzatore, il cerimoniere e l’officiante del rito, fino al 2008. Il suo zaino delle cose passate trabocca di vicende, aneddoti, persone. “Stabilimmo un gemellaggio con i compagni di Bologna. Ci recammo lassù per un mese col nostro stand gastronomico, con un patto: i soldi incassati sarebbero serviti per finanziare la Festa di Palermo. Sì, era una specie di magia. I compagni che litigavano o si guardavano in cagnesco tutto l’anno, li trovavi che bevevano insieme una birra. C’erano grandi artisti: Roberto Vecchioni, Max Gazzè, Paola Turci, per citarne alcuni”.

I calibri importanti passavano da lì. “Nel 2005 eravamo con Massimo D’Alema. Dopo il discorso, davanti a una folla immensa, al Giardino Inglese, il leader decise di cenare tra gli stand della Festa. Guardò freddamente il piatto di tagliatelle al ragù, avrebbe preferito la pasta con le sarde. Poi pensammo di offrirgli dei cannoli”. E qui va in scena l’atto unico di uno psicodramma che solo chi è stato un po’ comunista può capire davvero. Non ci sono più cannoli al Giardino Inglese. Una moltitudine famelica ha divorato gli ultimi esemplari di cialde ripiene nello spazio dei compagni di Piana degli Albanesi. Attimi di disperazione. Che si fa? “La risolvemmo così – racconta Rubino – presentammo a Massimo la ‘scafazzata’, un vassoio di ricotta con i canditi, senza cialda. Una sorta di cannolo scomposto. Per fortuna, gradì. Poi si mise a girare per i tavoli, per offrire un po’ di dolce. Una serata indimenticabile”.

Era una lotta, tra espedienti e sorrisi, per mascherare i guai, la Festa in cui tutti, pure chi non votava rosso o rosè, si sentivano a casa.

Ampia è la capienza mnemonica di Rubino che cita nell’ordine una miriade di figure mitologiche: il compagno Gino De Pietro, della sezione Cuba-Calatafimi, addetto alla cassa e alla custodia della botticella di passito; il compagno Peppino Di Stefano che dava una mano con le pizze; il compagno Fabio Teresi che equilibrava le spesso contrapposte esigenze dei gestori degli stand, evitando la disfida rusticana; la compagna Mario Fasolo in cucina; il compagno Antonio Scordi che risolveva i problemi; il compagno Totò Capra che raccoglieva le donazioni all’ingresso… E tanti altri scorrono, sicché è impossibile citarli. Ma a tutti va rivolta la gratitudine dovuta agli uomini di fede, quale che sia la bandiera, poiché chi obbedisce a un ideale rimane sempre un po’ Peter Pan e alleggerisce il mondo.

“C’era Pietro Fassino che non se ne andava se prima non stringeva la mano a ogni volontario, era il suo punto d’onore. C’era Costantino Garraffa che sparecchiava. C’erano le richieste astruse degli artisti che calavano a Palermo. Chi voleva il brandy invecchiato di trent’anni in camerino, chi un certo tipo di cioccolato, chi le tovaglie di uno specifico colore… E qualcuno doveva darsi da fare, girando a destra e a sinistra, per accontentarli. Io so solo questo – conclude il cerimoniere del tempo che fu – ogni anno l’inaugurazione era fissata per le sei di pomeriggio. Alle sei meno un minuto il caos era totale. Un minuto dopo non c’erano più problemi. Era davvero una magia”.

Le bellissime foto pubblicate su una pagina Facebook la fanno rivivere quasi per intero, con il luccichio di una polverina nostalgica. C’era una volta un partito, con le sue notti dei lunghi coltelli, ma c’era un partito, come rammentano, masticando amaro, gli aficionados transitati altrove. C’era qualcosa che mescolava i rancori, spolverando le inimicizie e ricomponendole in sintesi. C’era la politica.

C’era una volta la Festa dell’Unità. C’era una volta la sinistra con il suo popolo militante o laico che fosse. Comunque c’era, nel bene e nel male. Adesso la gente è sparita, ingoiata da un sortilegio cattivo, di segno contrario. E chissà dove sono finiti tutti, ora che Peter Pan non vola più.

> LE FOTO DELLA FESTA DELL’UNITÀ NEGLI ANNI

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