Cosa c’entrano Raffaele Lombardo, Gianfranco Miccichè e Agazio Loiero col signor Salvatore Marino aspirante governatore alle Regionali abruzzesi per la lista «Maschio 100% – Lega Sud Ausonia» nata «contro i partiti insulsi di destra e di sinistra» e i «servi del nazi-omosessualismo»? Niente. Ma questo è il nodo: tutti e tre i politici, qualunque cosa abbiano in mente (insieme, divisi o addirittura l’uno contro l’altro) sono chiamati a un’impresa: smentire una lunga tradizione di partiti e partitini e gruppuscoli e clan e molecole meridionalisti troppo spesso così estemporanei tra risultare bizzarri o addirittura ridicoli.
Dice Lombardo che «stavolta sta nascendo una cosa seria». Che vuole «riequilibrare il peso schiacciante della Lega Nord». Ricorda che «Bossi difendendo gli interessi settentrionali fa il suo mestiere. Solo che è ora che nasca una forza che difenda fino in fondo gli interessi del Sud». Quindi? «Abbiamo 2 senatori e 8 deputati. Pochi. Ma non voteremo più un solo provvedimento che danneggi il Mezzogiorno. Mai più. Saremo intransigenti. C’era un patto con Berlusconi: non è stato mantenuto. Non tradiremo la maggioranza, ma difenderemo il Sud metro per metro». Rivela che anche Miccichè «sta mettendo su due gruppetti parlamentari, alla Camera e al Senato, con lo stesso obiettivo: riequilibrare il peso del Nord».
E assicura: «Non saremo soli. Anche Loiero, nel centrosinistra…». Poche anime inquiete? Ridacchia: «Quello che sta accadendo è rivoluzionario ».
Come andrà a finire? Boh… Certo l’ostacolo più grande, per quanti accarezzano il sogno d’una specie di Lega Sud, è che di «Leghe Sud» ne sono già nate negli anni a bizzeffe. Destinate l’una a essere risucchiata da un’altra. A scontrarsi in tribunale per il possesso del nome. A scatenare risse intestine meschinelle nel segno della guerra ai busti di Garibaldi, degli appelli a rimuovere le piazze Cavour, delle invettive contro Costanza d’Azeglio, rea d’avere esclamato contro l’annessione del Sud: «Qu’allons nous faire de ces gens-là, cosa faremo di quella gente? Confesso che penso con terrore alla fatica di ripulire quelle stalle d’Augia ».
Sono passati decenni, dal giorno in cui un cinegiornale della Settimana Incom spiegò: «Il movimento indipendentista siciliano ha presentato due liste per la costituente. Il presidente Finocchiaro Aprile ha inaugurato a Catania la campagna elettorale. Il leader viene portato in trionfo al teatro Sangiorgi. La decorazione del palcoscenico raffigura l’emblema della Trinacria. Il discorso di Finocchiaro Aprile è di netta opposizione. In esso si dichiara che i siciliani amano l’Italia e se vogliono dissociarsi da lei per creare la nuova Confederazione Mediterranea ciò non deve suonare offesa. In un’intervista concessa dal nostro inviato Finocchiaro Aprile ha accennato al programma che porteranno alla costituente. “Noi difenderemo” ha detto “un progetto di confederazione di Stati italiani sul tipo Nord americano. Ciascuno Stato potrà governarsi liberamente da se. alla Sicilia si sta già promettendo l’autonomia. Non ci basta. Vogliamo l’indipendenza».
Sono passati decenni e, dal tramonto di quella stagione, si è visto di tutto. La nascita nel 1984 a Palermo del «Movimento d’Azione Autonomista». La fondazione a Napoli, intorno a una pizza marinara («non la Margherita che, nata in onore dell’omonima regina, è sabauda») di un Movimento culturale fondato da Riccardo Pazzaglia, scrittore e giornalista celebre come «filosofo» di Quelli della notte, per «ristabilire la verità sul Regno delle Due Sicilie».
Il battesimo all’hotel Midas nel ’90 della Lega meridionale Centro- Sud-Isole (diffidata a sua volta per vie legali da un’altra «Lega Meridionale ») che si presentò offrendo la candidatura a Vito Ciancimino (che declinò) e Licio Gelli, che mandò un affettuoso augurio a «quanti si riconoscono nell’ideale di ricostruire un’Italia democratica, onesta, pulita per un suo futuro di prosperoso benessere». Lo sbocciare di «Noi Siciliani», capace di portare un deputato (Nino Scalici) all’Assemblea regionale grazie anche al peso del nome di Teresa Canepa, figlia di quell’Antonio che aveva fondato l’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia andando incontro a una fine tragica e misteriosa.
«Il Sud è una polveriera che può esplodere da un momento all’altro» tuonava allora Clemente Mastella: «Il clima è preinsurrezionale! Stanno togliendo le pensioni di invalidità in modo indiscriminato! ». Di più: «Io invoco la ribellione del Sud. La ribellione morale. Questi del Nord ci vogliono sotterrare, ci vogliono umiliati e servi. Dai cento lire all’Irpinia ed è scandalo, copri d’oro il Trentino ed è tutto giusto! Basta!». Di qui un annuncio in coppia con Francesco D’Onofrio: «Potremmo fondare la Lega meridionale. Abbiamo già pronto il nome: Unione Sud».
Al Mezzogiorno ci penso io, replicò l’irruento Giancarlo Cito. E dopo aver preso Taranto e tentato di sbarrare la marcia secessionista sul Po salendo con un manipolo di arditi fino a Chioggia («sono venuto a prendere Bossi a calci nel culo ») si candidò alla conquista del capoluogo lombardo alle comunali del ’97 alla testa della sua Lega d’Azione Meridionale con uno slogan indimenticabile: «Voglio tarantizzare Milano. Voglio che questa città diventi come Taranto, la Svizzera del Sud». I milanesi (chissà mai perché…) non lo apprezzarono.
«L’ora della storia batte sull’orologio del Sud» proclamò anni dopo Giulio Tremonti. Macché, risposero via via le regioni meridionali buttandosi una dopo l’altra a sinistra. Fu allora, in un momento di sconfitte azzurre a ripetizione, che spuntò nella riccioluta capa di Gianfranco Micciché l’idea di «una specie di sottogruppo parlamentare che tenga gli occhi aperti su tutto ciò che avviene alle Camere intorno ai temi cari al Mezzogiorno che faccia da contraltare a questa immagine di un governo attento prima di tutto agli interessi del Nord». Un progetto non così dissimile, pare di capire, da quello di oggi. Titoli sui giornali: «Nasce Forza Sicilia».
Insomma: fuochi d’artificio tanti, sbocchi politici pochi. Fino a una riunione, la prima in assoluto, a Cosenza, nel gennaio di quest’anno, con la benedizione di Lombardo, di un folto gruppo di gruppetti: dai Centri di azione agraria a Noi Meridionali, da Uniti per la Puglia a Uniti per Matera, dal Partito del Sud a Sicilia Libera, da Lega Sud Ausonia a Unione federalista meridionale fino a Uniti per Castrovillari o Noi Borbonici. Obiettivo: «Dare vita insieme a una ‘”Lega del Sud”».
Risultati concreti? Zero, pare. Un pizzico di nervosismo a destra, tuttavia, sembra segnalare che, sotto sotto, qualcosa cova. Purché non vada tutto a finire come in un leggendario spot elettorale finito su YouTube. Quello di Giovanni Bivona, un tappetto mezzo calvo e dal capello lungo che col simbolo di «Patto Sicilia» avanza verso la telecamera strillando: «La politica è triste, facciamola diventare allegra. Protestate con me. Sto arrivando. Io sono qui per dirvi che dobbiamo votare tutti insieme, tutti per uno e uno per tutti perché non se ne può più di tutte queste cose che manca il lavoro, manca il turismo, l’edilizia, manca la serenità della gente in famiglia, nun si vuoli sposari più nisciuno pecché manca ‘u travagliu così non ci saranno neanche produzione umana… Protestiamo. Protestiamo. Protestiamo».
Gian Antonio Stella