PALERMO – Dopo la notizia degli avvisi di garanzia ai deputati siciliani, piovuta tra l’altro a Sala d’Ercole con l’intervento di Antonello Cracolici, arrivano le prime reazioni. Quello che emerge, è che – tranne chi ha ricevuto gli avvisi di garanzia – nessuno ha ricevuto comunicazioni di un’indagine a proprio carico.
“Non ho niente da dire”. Sono le uniche parole pronunciate dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana Giovanni Ardizzone che stamattina si è presentato spontaneamente in procura dopo che ieri si è diffusa la notizia di un suo coinvolgimento nell’indagine sulle spese dell’Ars. Ardizzone è poi entrato nella stanza del procuratore capo Francesco Messineo dove si trova in questo momento.
La dichiarazione dopo il colloquio
“Sono venuto in Procura per confermare la massima collaborazione degli uffici dell’Ars ala magistratura nel chiarire tutte le questioni tecniche su cui si dovranno fare accertamenti”. Lo ha detto il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, dopo il colloquio con il procuratore di Palermo Francesco Messineo e l’aggiunto Leonardo Agueci, che coordina l’inchiesta sull’uso dei fondi destinati ai gruppi parlamentari. Ardizzone, che è tra gli indagati, era in Procura nella veste di presidente dell’Assemblea. “C’è la necessità di accelerare le indagini – ha aggiunto – perché la serenità serve a tutti e per fare la differenza tra le spese lecite e quelle non consone alla politica, che certamente non fanno onore a chi le ha fatte”. Ardizzone ha definito l’incontro con i magistrati “cordiale”.
In precedenza il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone aveva spiegato alla stampa a Palazzo dei Normanni: “Non riesco ad immaginare dove avrei potuto sbagliare”, diceva. Ma la risposta è arrivata, tempestiva. “Sono indagato per 2.090 euro che mi avrebbe trasferito il Gruppo misto nella scorsa legislatura. Erano i soldi per il rimborso forfettario del mio portaborse. Ero appena uscito dall’Udc – spiega il presidente Ars – per aderire ad un nuovo gruppo. E passai dal misto perché c’è sempre un momento di transito quando si crea un nuovo gruppo”. Ardizzone afferma di essere sereno, anche se l’atmosfera, all’Ars, è molto tesa. “Ho fiducia nella magistratura – afferma – ma sono pronto a giustificare tutto attraverso la tracciabilità”. Ma, prima di tornare nei suoi uffici, gli sfugge un “non è giusto”.
Dopo il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, anche l’ex deputato regionale Salvino Pantuso si e’ presentato in Procura dopo l’indagine sull’uso illegittimo dei fondi per i Gruppi Ars. “Non ho ricevuto avvisi di garanzia – ha detto ai giornalisti – ma ho letto dai giornali che sarei indagato, vorrei capire per cosa”. L’ex parlamentare del Pd, che appariva molto turbato, non e’ riuscito pero’ a parlare coi pm che erano impegnati in riunione.
Anche Toto Cordaro, attuale capogruppo del Pid-Grande Sud, dichiara di avere appreso dagli organi di stampa di essere indagato. “Se fosse così sono pronto a chiarire tutto ciò che mi sarà contestato, ma sarebbe stato più opportuno se mi fosse stato comunicato dagli organi preposti.
E lentamente arrivano anche le parole di alcuni dei tredici che hanno ricevuto gli avvisi di garanzia. L’ex capogruppo dell’Mpa, adesso deputato dell’Udc Nicola D’Agostino spiega: “Sono stato convocato dalla Procura per rispondere del mio operato da capogruppo (durato sei mesi) nella passata legislatura. Ritengo – aggiunge – di aver svolto l’incarico con assoluta correttezza. Non ho mai utilizzato fondi del gruppo per uso diversi da quelli istituzionali e politici, men che meno per finalità personali. Attendo di essere sentito con serenità. Ho svolto il mio breve mandato di capogruppo in continuità rispettando gli impegni contrattuali ereditati, sia lavorativi che per beni e servizi. Mi difenderò nei modi consentiti nell’unica sede giusta che è quella giudiziaria, nelle quale – da uomo delle istituzioni – non posso che riporre totale fiducia”.
E’ arrivata, poi, anche una nota del gruppo del Partito democratico all’Ars. Il capogruppo Baldo Gucciardi e il segretario regionale Giuseppe Lupo scrivono: “Apprezziamo il gesto e la sensibilità di Antonello Cracolici che, appena ricevuta una comunicazione formale dagli inquirenti in merito all’indagine sull’Ars, ha sentito il bisogno di comunicarlo prima al gruppo Pd e subito dopo al Parlamento. Un gesto rispetto istituzionale che va apprezzato. Quanto alle contestazioni rispetto all’attività di Cracolici in qualità di capogruppo durante la scorsa legislatura – continuano – siamo certi che tutto il suo operato è avvenuto nel rispetto delle regole e nell’ambito della sua funzione istituzionale. La fiducia nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine ed allo stesso tempo la conoscenza e stima delle qualità personali e politiche di Cracolici ci rende sicuri che la sua posizione verrà al più presto positivamente chiarita”.
Secco il commento del Movimento 5 Stelle siciliano, che non si sbilancia nelle accuse e auspica “un intervento legislativo deciso che metta fine al malcostume nella gestione dei soldi dei cittadini”, più duro quello di Riccardo Nuti, capogruppo dei Cinquestelle alla Camera. “Faraone è compatibile con le istituzioni come il presepe e Ferragosto. Faccia un bagno di umiltà e faccia non uno, ma due passi indietro e lasci le cariche di deputato e responsabile del welfare della segretaria di Renzi. Se il nuovo del Pd di Renzi, è questo, molto, molto meglio l’usato sicuro. E’ l’ennesima densa nube – continua Nuti – sull’orizzonte di Faraone, che sta diventato troppo affollato, per consentirgli di continuare a rappresentare degnamente i cittadini che lo hanno votato. Dopo la notizia della visita in casa del boss Agostino Pizzuto e il video di “Striscia” (ancora rintracciabile in rete), che denunciava manovre poco chiare per riscuotere consenso elettorale, ecco l’ennesima tegola che non può passare inosservata per il rispetto della gente e delle istituzioni”.
Arriva anche la replica di Giuseppe Picciolo, capogruppo dei Drs all’Ars. “Comprendo bene che il bailamme provocato dalla notizia di un’indagine ampia sulle spese dei gruppi parlamentari provoca risentimento ed anche rabbia tra i cittadini, ma deve arrivare il momento in cui oltre a sbattere i nomi dei politici sulle pagine dei giornali si faccia attenzione anche alla prudenza di chi indaga e di chi da procuratore della Repubblica non ha potuto far altro che prendere atto del rapporto della Guardia di Finanza. Non è possibile che si faccia di tutta l’erba un fascio arrivando a contestare anche spese che non possono costituire reati. Capisco che la professione politica oggi è vista come qualcosa di schifoso, ma non si facciano processi di piazza e si punisca in modo esemplare chi veramente ha fatto abusi e spese assurde ed ingiustificabili, gettando discredito su tutta la classe politica. La dimensione della indagine e del numero di denunciati gonfia molto la realtà ed è materia da dare in pasto a chi alimenta l’antipolitica, sia esso partito o movimento, ovvero organo di informazione. Sono certo, come del resto si è affrettato a dire il procuratore Agueci, che emergeranno i reati veri non quelli riconducibili solo a spese su cui non c’erano peraltro norme vincolanti e quindi additabili solo sulla base di interpretazioni molto soggettive”.
Ed è pronto a presentarsi in Procura anche Salvino Pantuso a cui viene contestata una spesa di appena 186 euro. Di fatto la cifra più bassa dell’inchiesta. L’ex onorevole, rimasto in carica per due mesi, spiega che “si è trattato di un necrologio pagato due volte. Avevo già sborsato la cifra di tasca mia, prima ancora che intervenisse il Gruppo”.