PALERMO – E adesso è bufera su Alfonso Cicero. E a dire il vero, non è un’assoluta novità. Da anni, l’ex segretario particolare di Marco Venturi e commissario di alcune Asi siciliane è al centro – direttamente o indirettamente – di piccoli o grandi “casi”. “L’aggressione nei miei confronti – conferma lo stesso Cicero – è costante e cresce sempre di più. Ma non mi lascio intimidire”.
L’ultimo caso riguarda la sua gestione dell’Asi di Agrigento, dove il funzionario regionale ha operato, alcuni mesi fa, un ‘repulisti’ massiccio. Con tanto di licenziamenti di alcuni dipendenti, accusati di comportamenti sospetti e di favorire in un modo o nell’altro le infiltrazioni della criminalità negli affari dell’Asi.
Ma solo negli ultimi giorni, ecco alcuni “schiaffi” giunti prima dal tribunale del lavoro di Agrigento che ha disposto il reintegro prima di Antonino Casesa, quindi di Salvatore Callari. Due dipendenti licenziati in tronco da Cicero. Quindi, ecco il tackle della Cgil, che stigmatizza l’atteggiamento autoritario e poco efficiente di Cicero nella gestione dell’Irsap, l’istituto sorto appunto dalla fusione delle Asi, e al vertice del quale il governo Crocetta ha scelto l’ex braccio destro di Venturi.
Dopo che il governo Lombardo, a dire il vero, ne aveva sottolineato l’insussistenza dei titoli, e aveva aperto così lo scontro con l’ex assessore espressione della Confindustria siciliana, poi ‘licenziatosi’ dall’esecutivo con una coda velenosa di polemiche e con tanto di visite in Procura.
Una vicenda, quella dei titoli di Cicero, finita nelle carte del Tar che ha accolto la domanda cautelare di sospensione e annullamento della sua nomina a commissario straordinario dell’Irsap. Il ricorso era stato presentato dalla Casartigiani regionale e di Agrigento, difesa dall’ex assessore al Bilancio Gaetano Armao e dall’avvocato Stefano Catuara. I giudici amministrativi non hanno applicato la sospensiva ma hanno “ritenuto che le esigenze delle parti ricorrenti siano apprezzabili favorevolmente, e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio di merito”. “Ma in quel caso – precisa Cicero, ribadendo la tesi del suo avvocato Lucia Di Salvo – il tribunale non si è espresso nel merito. Se davvero ci fossero stati i presupposti per l’annullamento della mia nomina, il Tar avrebbe almeno accolto la richiesta di sospensiva, e invece non l’ha fatto. È chiaro che io posseggo, eccome, i titoli per guidare l’Irsap”. Nel merito, insomma, se ne parlerà a novembre (“Quando il mio mandato sarà quasi scaduto”, chiosa Cicero).
Ma intanto, sempre dai tribunali, come dicevamo, altre due sentenze che rappresentano dei “gol subiti” dal commissario. Antonino Casesa e Salvatore Callari, sono due dirigenti dell’Asi di Agrigento licenziati in tronco quasi un anno fa dall’allora commissario dell’ente Cicero. E le motivazioni addotte dal funzionario furono pesantissime. “I dirigenti hanno operato in modo scellerato, irresponsabile, illecito e hanno lasciato indisturbate di operare nelle zone industriali – con l’inaccettabile ‘gioco’ dei ritardi amministrativi e delle omissioni – diverse aziende ritenute colluse ed in odore di mafia” dichiarava Cicero lo scorso agosto.
Ma il tribunale del Lavoro è intervenuto dando torto a Cicero. O quantomeno, riconoscendo il diritto dei due dirigenti a essere riassunti. Con due sentenze molto ravvicinate, infatti, ecco il riconoscimento al reintegro sia a Casesa che a Callari. Vizi formali alla base della sentenza del giudice. Cicero avrebbe operato non nel pieno rispetto delle norme, e il licenziamento sarebbe giunto anche da un ufficio non competente. “Dall’esame degli atti del giudizio risulta – precisa però Casesa – che ho mantenuto una condotta integerrima anche nella delicata materia dell’antimafia tanto sbandierata al momento del licenziamento illegittimo. Durante infatti il mio mandato ho avviato tempestivamente tutti i provvedimenti di revoca di lotti industriali assegnati a ditte raggiunte da informativa antimafia atipica”.
Ricostruzione non condivisa dal legale dell’Irsap Massimo Marinelli: “Il Tribunale di Agrigento ha accolto il ricorso dell’avvocato. Casesa un mese e mezzo fa (e non si comprende per quale motivo la notizia esca ora), per motivi di carattere formale. In particolare, sono stati ritenuti non corretti lo svolgimento della procedura presso l’ufficio procedimenti disciplinari, e la rimessione al commissario della decisione sul provvedimento finale. Il Giudice non ha invece esaminato il merito delle contestazioni. L’Irsap ha già provveduto a presentare, per il tramite del sottoscritto, opposizione al provvedimento del Giudice, e l’udienza si terrà a breve. Ha inoltre dato mandato allo scrivente di agire nei confronti del funzionario che, secondo il Tribunale, non avrebbe rispettato le norme in tema di procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti pubblici”.
Per la precisione, l’Irsap denuncerà i cosiddetti Responsabili unici del procedimento disciplinare. Il motivo? Lo spiega lo stesso Cicero: “I due Rup hanno offerto alla controparte un cavillo legale per far cadere tutto. Non hanno espletato tutti i procedimenti. E del resto, io ho già denunciato i due funzionari alla Guardia di finanza. In questo modo, i giudici non hanno avuto nemmeno la possibilità di entrare nel merito della vicenda. Di leggere, cioè, la tonnellata di carte che racconta una storia di collusioni e dei rapporti per nulla trasparenti tra politica, mafia e burocrazia regionale”.
Cicero parla di due Rup. In effetti, dopo la sentenza che ha dato ragione a Casesa, eccone un’altra molto simile, che ha disposto il reintegro dell’altro dirigente Salvatore Callari, difeso dagli avvocati Girolamo Rubino e Mario La Loggia.
“Ho atteso in religioso silenzio – ha commentato Callari – l’esito del ricorso proposto, che mi ha reso giustizia a fronte di diffamanti e pretestuose accuse prive di fondamento, come il giudizio civile ha già dimostrato, portate avanti con attacchi mediatici su ogni e qualsiasi organo di informazione, tanto da costringere lo stesso a difendersi mediante l’inoltro di querele ed esposti all’Autorità Giudiziaria”. E i legali di Callari sottolineano uno dei passaggi della sentenza, un passaggio-chiave secondo gli avvocati: “Non giustificato è il licenziamento posto in essere per ragioni meramente pretestuose, al limite della discriminazione, ovvero anche del tutto irrispettoso delle regole procedimentali che assicurano la correttezza dell’esercizio del diritto”.
“In questi giorni – commenta amaro Cicero – sto comprendendo come mai in tanti non volevano un ente come l’Irsap. Evidentemente troppe persone non volevano che certe cose venissero fuori. Io non mi lascerò intimidire”. Ma adesso, bisognerà anche convincere i giudici.