Io a votare non sono andato. Ma capisco che la cosa non sia poi troppo rilevante. Però ho osservato con attenzione quanto accaduto domenica, perché le primarie del Pd, queste primarie, non potevano essere un tema solo di gruppi dirigenti di una, per quanto importante, formazione politica. E, questo sì che mi pare più rilevante, non sono state vissute come la “semplice” scelta di questo o quel segretario. Lo dimostra la partecipazione che resta sempre un elemento da guardare con rispetto e, lo ammetto, perfino con un pizzico di invidia da parte mia.
A fare la fila davanti a seggi e gazebo non penso ci fosse solo il corpo stretto dei gruppi dirigenti e dei militanti del Pd. Basterebbe un giro veloce per i social o aver incrociato chi ai seggi si stava recando. Domenica era un popolo ampio che voleva prendere parola. Lo stesso popolo- certo non da solo- ha animato la bellissima giornata milanese di “prima le persone”. Lo stesso che ho visto questa estate a Catania sul molo a manifestare per la Diciotti ed ancora a Siracusa poche settimana fa mentre la Sea Watch 3 era ormeggiata con il suo carico di umanità davanti l’area industriale della città aretusea.
Questo stesso popolo domenica si è messo pazientemente in fila, un popolo che- mi pare dato significativo e da tenere ben a mente- non appartiene e non si sente parte di correnti di partito o che risponde agli input provenienti da questo o quel dirigente. In fila c’era un pezzo di Paese che non ha dato una delega, ma che ha lanciato segnali, forti. E non coglierli sarebbe politicamente l’ultima miopia della politica a sinistra (o centrosinistra per usare categorie oggi abbastanza lontane) che si aggiungerebbe agli innumerevoli errori compiuti in questi anni.
Errori pagati giustamente a caro prezzo. Non solo dal Pd ma da un intero campo culturale e politico. Errori che hanno creato le condizioni per la svolta sovranista e razzista in atto in questo paese e che rischiano di condannare la sinistra ad una sostanziale irrilevanza politica.
Per questo mi pare non azzardato dire che le domande poste dal milione e ottocentomila votanti non sono rivolte solo al Partito democratico, che pure ha saputo offrire con le primarie uno strumento indispensabile. Allo stesso modo, le risposte non possono essere affidate solo al nuovo segretario Zingaretti ed ai gruppi dirigenti del Pd. Sono questioni ineludibili che interrogano chiunque si riconosca dentro uno schema di valori ben preciso.
A questo popolo possiamo offrire una sinistra diversa e nuova? Che sappia fare autocritica delle scelte operate dai Minniti di turno e che cambi decisamente marcia e linguaggio? Che possa tornare a dare protagonismo al suo popolo non solo nei momenti delle primarie ma che sia capace di offrire strumenti di discussione e terreni di battaglia politica? Capace di coraggio e fantasia?
Proprio il coraggio è il punto decisivo della sfida che è stata lanciata dalle primarie di domenica. O almeno questo ho percepito ascoltando i tanti non iscritti- e alle volte neppure elettori- del Pd che sono andati a votare. Il coraggio di chi si è messo in fila nonostante una campagna che ha stentato ad entrare nei temi profondi del Paese e che ha trovato forza e linfa in un’ipotesi di radicale trasformazione non di un partito bensì di un’offerta politica complessiva. A questo coraggio serve che chi è stato investito dalla responsabilità di guidare il partito più rilevante dell’area progressista risponda con altrettanto coraggio. Ad esempio rilanciando subito non una proposta tattica, che servirebbe solo al raggiungimento di qualche percentuale elettorale meno marginale alle prossime elezioni europee e che sarebbe avvertita solo come l’ennesimo tentativo di autoconservazioni di gruppi dirigenti e ceto politico. Ma qualcosa di più profondo e nuovo, di più entusiasmante, capace di andare oltre la sopravvivenza ma che sia avvertita come una sfida credibile al governo lega-m5s sul piano culturale innanzitutto.
Una proposta che serve al Paese e che serve anche in Sicilia dove lo scontro sembra tutto tra il centrodestra in splendida salute e un movimento 5 stelle che arranca ma che, al momento, appare come l’unica alternativa credibile. Proprio in questa terra di Sicilia sono esperienze- anche anomale- ad aver rappresentato l’opposizione vera al governo guidato, nei fatti, da Salvini. Esperienze capaci di andare oltre i limiti delle strutture partitiche organizzate in senso classico. E proprio per questo vincenti in quanto coraggiose. Se volete lo stesso coraggio che ha mostrato il sindaco Orlando e che ha mostrato la sinistra accettando la sfida del governo di una città complessa come Palermo
Superare rituali e tatticismi, quindi, è la sfida complessiva. La sfida lanciata da chi è andato a votare per le primarie per indicare il segretario del Pd e , contemporaneamente, per reclamare la necessità di una nuova stagione senza scimmiottare formule oramai superate. Una sfida che quindi non riguarda solo il Pd ma chiunque si riconosca in un campo anche se non ha fatto la fila per votare. Ma che non può restare indifferente limitandosi al commento dei fatti senza sentirsi, comunque, chiamato in causa.
Saranno i prossimi giorni a dirci se questa sfida sarà raccolta e se non saremo davanti all’ennesima delusione. Ma penso che a nessuno, stavolta, sia consentito limitarsi a guardare la situazione storica dal torrione di qualche castello come il duca d’auge di Queneau.