PALERMO – “Per me domani sarà un giorno di grande tristezza, che trascorrerò pregando per la Sicilia e per il popolo siciliano, perché non debba più subire violenze cieche e irrazionali”. Nel gennaio del 2014, il governatore Rosario Crocetta affidava così le sue inquietudini a un comunicato stampa ufficiale. Le “violenze” a danno dei “siciliani” per i quali il presidente avrebbe “pregato” erano riferite agli atti di un prefetto. Il commissario dello Stato Carmelo Aronica (nella foto) aveva poco prima mutilato la Finanziaria preparata dal presidente e dall’allora assessore all’Economia Luca Bianchi, e approvata dall’Assemblea regionale. Dopo l’impugnativa, le preghiere alla Madonna e uno scontro istituzionale durissimo. Alla fine, il prefetto farà le valigie. Addio al controllo preventivo sulle leggi: ci penserà la Presidenza del Consiglio dei ministri, come accade per le altre Regioni.
Alla notizia, un sospiro di sollievo del governo regionale. E del resto, gli esecutivi siciliani non avevano, anche in passato, mai amato questi controlli. Raffaele Lombardo e i suoi organizzarono persino una manifestazione di protesta in piazza Principe di Camporeale, contro quella figura che faceva il suo lavoro ma che era vista come un usurpatore. Della sacrosanta, cristallina, tecnicamente perfetta potestà legislativa del parlamento più antico d’Europa.
Bye bye commissario. Ma poco è cambiato. I governi regionali che nel frattempo mutavano assessori, in un pendolo che portava dal romano Bianchi al romano di Firenze Baccei passando per il siciliano Agnello, e la stessa Assemblea regionale, hanno continuato a varare norme spesso incostituzionali. Nonostante il vaglio – successivo alla promulgazione della legge – nel frattempo fosse passato nelle mani e nelle intenzioni del Consiglio dei ministri. Un organo politico, e per natura più sensibile alle necessità della politica stessa.
Ma anche i governi Renzi e Gentiloni hanno bacchettato Ars e governo regionale in numerose occasioni. Così numerose da regalare alla Sicilia uno dei tanti tristi primati di questa legislatura: le leggi regionali siciliane sono le più impugnate d’Italia. Un primato quello dell’Ars che emerge dal ‘Rapporto sullo stato della legislazione regionale’, presentato all’Aquila, al Consiglio regionale d’Abruzzo. La Sicilia ha avuto la più alta percentuale pari al 23% (5 sul totale delle 22 approvate). La media di leggi regionali impugnate è del 7%.
Dati non troppo distanti da quelli illustrati pochi mesi fa dal presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone: tra delibere legislative e leggi, è stato impugnato infatti il 20,9 per cento dei provvedimenti esitati dall’Ars: uno su cinque, insomma (numero che ha un peso ancora maggiore, se si considera che la norma approvata dopo l’impugnativa, rispondendo a quei rilievi, difficilmente verrebbe mai ri-impugnata). E se con il Commissario dello Stato sono state cassate la bellezza di 93 articoli sui 474 approvati nella prima parte di legislatura (quasi il 20 per cento), la musica è cambiata col passaggio del controllo, successivo, alla Presidenza del consiglio dei ministri. Quando a decidere sulle leggi esitate da un parlamento la cui maggioranza sosteneva un governo regionale del Pd è stato il governo nazionale del Pd, sono state impugnate appena il 5,57 per cento degli articoli stessi. Lo dicono i numeri: Palazzo Chigi è assai più “comprensivo” del Commissario dello Stato.
Ma intanto, a quei numeri se ne sono aggiunti altri: sono undici gli articoli impugnati in occasione dell’ultima Finanziaria-bis. Solo l’ultima impugnativa della Presidenza del consiglio dei ministri, dopo quelle – solo per fare qualche esempio – che hanno già cassato la legge sull’acqua (poi giudicata anche incostituzionale), quella sui rifiuti, quella sugli appalti, quella relativa alle Province, oltre a una sfilza di norme contenute in altre leggi Finanziarie. Leggi che poi il parlamento siciliano ha dovuto riscrivere spesso da capo, spesso stravolgendo l’idea originaria del provvedimento stesso.
Già in passato, tra l’altro, il governo nazionale ha impugnato anche pezzi di Finanziaria regionale, come ad esempio le norme che che prevedevano l’utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione per la copertura della spesa corrente per gli anni 2016 e 2017. Fondi per gli investimenti usati per spesa corrente. Un po’ lo stesso “difetto” che pochi giorni il Ragioniere generale dello Stato ha rintracciato nell’assestamento di bilancio, chiedendo alla Presidenza del consiglio dei ministri l’impugnativa. Ma il governo Gentiloni ha deciso di non impugnare la legge, nonostante i rilievi dei tecnici.
E così, si spiegano anche le differenze “percentuali” delle norme cassate tra il prima e il dopo. Il “prima”, come detto, fa rima con Carmelo Aronica, ex commissario dello Stato. Che è giunto, in appena due anni e solo in questa legislatura, a cassare una cinquantina di norme presenti nelle leggi di stabilità di Crocetta. Tra queste, una sfilza di contributi a pioggia per vari lavoratori, norme su Irfis, promozioni alla Seus, norme-spot come il contributo di solidarietà per le pensioni più “ricche”, il contributo alle spese di viaggio per i pazienti delle piccole isole, l’articolo “salvapetrolieri” che avrebbe ridotto le royalties da corrispondere alla Regione o gli “aiuti alle coppie di fatto”. Una bocciatura, quest’ultima, che Crocetta bollò come un “atto di oscurantismo”. Un’altra reazione “emotiva”, del governatore che pochi anni fa, dopo una legge mutilata dal Commissario, disse che sarebbe andato in giro per l’Isola a pregare. Quando sarebbe bastato scrivere una Finanziaria per come si deve.