Il Daspo minorile è legge, ora chi controlla il cellulare dei ragazzi?

Il Daspo minorile è legge ma ora chi controlla il cellulare dei ragazzi?

L'idea è buona ma...
"DECRETO CAIVANO"
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PALERMO – È inutile: la nostra legislazione, alluvionale per tradizione, non vuole smetterla di ingigantirsi mese dopo mese. Non avevamo ancora digerito la riforma Cartabia che subito si è pensato ai suoi correttivi, alle modifiche e ai ritocchi di questa o di quella norma. E mentre lo Stivale soffocava per le torride temperature d’una estate che non voleva finire, ecco gli ennesimi episodi di cronaca nera: Palermo e Caivano, uniti dal minimo comune denominatore della violenza giovanile.

Storie in prima pagina

Stupri, rapine, aggressioni sono finite in prima pagina troppe volte e così, stimolato dall’indignazione collettiva, è scattato il riflesso condizionato della decretazione d’urgenza. Il “decreto Caivano”, concepito per mettere un freno al dilagare della delinquenza dei giovanissimi, dal 15 novembre è diventato legge dello Stato. Ci chiediamo: servirà veramente a ridare speranza alla periferia desolata di Caivano e alle tante altre che le assomigliano?

Tra le novità che questo pezzetto di diritto penale dell’emergenza ci propone, si distingue il Daspo urbano minorile, che estende ai soggetti con età compresa tra quattordici e diciotto anni le restrizioni e i divieti di accesso a determinate zone o luoghi dei centri abitati. Il provvedimento viene eseguito mediante notifica agli esercenti la responsabilità genitoriale ed è inviato per conoscenza al procuratore per i minorenni.

Cosa prevede il Daspo

Tra le condizioni soggettive che ne legittimano l’applicazione adesso figurano anche la denuncia per uno qualsiasi dei reati in materia di stupefacenti o il porto di armi improprie. Chi è raggiunto dal Daspo non potrà avvicinarsi alle aree limitrofe ai locali, agli esercizi pubblici, né a scuole e sedi universitarie. I minorenni riottosi potranno essere destinatari di un’altra misura di prevenzione: l’avviso orale del questore, al quale potrà essere affiancato il divieto di utilizzare piattaforme social, telefoni cellulari e altri strumenti di comunicazione a distanza nel caso in cui questi apparecchi siano stati usati per realizzare o divulgare i loro misfatti.

Idea buona ma…

L’idea è buona, visto e considerato quello che le cronache palermitane ci hanno raccontato qualche mese fa. Il problema è però quello di non rimanere sul piano delle belle parole, e di rendere effettive disposizioni che presuppongono un controllo costante e continuo degli spostamenti o delle abitudini di vita di un numero enorme di soggetti. In parole povere: per rendere operativi questi divieti, ed escludere che restino lettera morta o che vengano facilmente elusi, occorrerebbero tanti poliziotti quanti saranno i loro giovanissimi destinatari.

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