PALERMO – Si giocano l’ultima carta, un reclamo al collegio del Tribunale, per bloccare quella che definiscono la “svendita” della loro casa. È stata pignorata e aggiudicata all’asta per 60 mila euro, contro i 200 mila della valutazione iniziale. Si tratta di una prima casa. Centoventi metri quadrati nella zona di via Messina Marine.
Protagonisti sono due coniugi palermitani che invocano la revoca dell’aggiudicazione. Il loro legale, l’avvocato Stefano Cultrera, ha inviato un reclamo alla sezione delle Esecuzioni immobiliari. Contesta che “all’asta ha partecipato solo un offerente, al minimo dell’offerta, non è stata prevista ed eseguita alcuna forma di pubblicità che ha certamente contribuito al ribasso del prezzo di vendita”. Alla fine ci avrebbero rimesso i coniugi, che non riusciranno a coprire i debiti che hanno causato il pignoramento dell’immobile, e pure i creditori. I coniugi sono andati in sofferenza con le banche.
“La vendita va fatta – scrive il legale – in rapporto all’attuale valore di mercato dell’immobile pignorato, che non deve essere svenduto”. In effetti il codice prevede la sospensione della vendita qualora si “ritenga il prezzo offerto notevolmente inferiore a quello giusto”. Una prima volta, infatti, alcuni anni fa – ci sono stati più tentativi di asta andati a vuoto – fu revocata la vendita per 80 mila euro.
Dopo la nuova aggiudicazione una prima richiesta dei coniugi di sospendere la vendita è stata respinta dal giudice delegato sulla base di una circolare interna della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Palermo contro cui si scaglia il legale. La circolare dello scorso dicembre, sulla base di una recente sentenza della Corte di Cassazione, ritiene che “la semplice notevole inferiorità del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello giusto sarebbe insufficiente ai fini dell’esercizio del potere di sospensione delle vendite”. Insomma, serve altro per annullare un’asta già aggiudicata.
Non è d’accordo l’avvocato Cultrera, secondo cui, non solo la Suprema corte in altre sentenza ha adottato un altro indirizzo, ma in ogni caso una circolare non può inficiare il libero convincimento del giudice. Senza dimenticare, conclude il legale, facendo una valutazione più ampia sulle procedure, che il professionista incaricato della vendita dal giudice è il solo che possa evidenziare eventuali anomalie della procedura e, al contempo, è interessato a chiudere la pratica per percepire il suo legittimo compenso. L’ultima parola spetta al collegio della Sezione.