Delitto Petrucci, quanto vale | il dolore di Carmela e Lucia? - Live Sicilia

Delitto Petrucci, quanto vale | il dolore di Carmela e Lucia?

Carmela Petrucci

Carmela e Lucia Petrucci. Carmela uccisa. Lucia ferita gravemente. L'assassino è Samuele Caruso che voleva vendicarsi di una relazione finita con Lucia. Oggi, la sentenza del delitto di via Uditore.

PALERMO- Nulla racconta il portone col numero quattordici che non sembri normale. La luce giallina in fondo alla scala non è cambiata. C’è – sul muro condominiale – un piccolo poster ormai stinto dalla pioggia. Mostra Marianna Caronia in una antica elezione. Le buche sono piene di lettere e pubblicità, testimonianza della parte di mondo che si ostina a navigare su carta. L’insegna del supermercato ricorda il dovere della spesa, anche adesso, alle dieci di sera. Qualcuno col gessetto ha vergato “Ti amo” sull’asfalto.
Lucia passa ogni giorno di qua. Passa su quella scritta con i piedi. Apre e chiude il portone. Il dolore è rimasto nascosto, impigliato, come se fosse altrove. Non lo vedi nel palazzo di via Uditore che – il 19 ottobre del 2012 – fu teatro del delitto. Samuele Caruso assassinò Carmela Petrucci, ferì gravemente la sorella Lucia – obiettivo primario della sua furia per una storia giunta al capolinea – e perse tutta la sua vita di ragazzo. Dicono che fosse un amore finito male. Non chiamatelo amore, non lo è mai stato. Era la ferocia di una belva acquattata dietro un risolino a stento e uno sguardo un po’ fisso, schermato dagli occhialini.

Oggi sapremo. Oggi un giudice ci dirà quanto vale lo strazio nell’aritmetica dei codici. Il Gup Daniela Cardamone – dopo avere ascoltato tutto ciò che c’era da ascoltare – nel giorno della sentenza, leggerà la pena che spetta a Samuele Caruso. C’è da essere grati alla dottoressa Cardamone. Bisogna riconoscerlo, prima che la sua decisione sia resa pubblica. E’ stata attenta e sensibile, come una donna che sa indossare la toga, senza dimenticare lucidità e anima. Ha ascoltato i periti e valutato. E’ andata a fondo con una nuova perizia, perché la prima non la convinceva. Alla fine dei giochi, secondo la psichiatra forense Luca De Luca: “Il Caruso era in grado di analizzare con sufficiente precisione, criticare con sostanziale obiettività, emettere risposte espressive di condotte integrate e coerenti e mettere in atto un’attività programmatica continua nel tempo e coerente con la finalità prefissata”. Quale? Ammazzare Lucia, che si salvò per miracolo. Vendicarsi di lei che l’aveva lasciato. Lei che per lui era una “donna di malaffare”. Né altro avrebbe saputo mormorare dallo sprofondo di maschio impazzito, dilaniato nella sua volontà di possesso. Possedere una donna, per ritrovare se stessi. Perderla. E perdersi. A un’altra donna l’onere di un rito abbreviato, sullo sfondo della tragedia, che ha toccato punte drammatiche. Il giudice Cardamone ha portato avanti il suo compito, governando un caso difficilissimo per pressioni esterne e lacerazioni interne. La famiglia Petrucci è assistita da Marina Cassarà. Una donna – l’avvocato Anna Pellegrino, una donna, con Antonio Scimone – difende Caruso.

C’è ancora una donna. Per il pm Caterina Malagoli l’aritmetica della giustizia ha poche interpretazioni da offrire: ergastolo. Samuele Caruso merita il carcere a vita. Merita che i suoi ventiquattro anni siano presi e gettati nel fondo di una prigione. E’ lo stesso parere del papà di Lucia, il signor Serafino, un uomo pieno di forza e dignità che ha retto il peso dell’esposizione, cercando di proteggere la sua famiglia. La cronaca dimentica che gli eventi sono ferite mortali per coloro che vengono coinvolti. Serafino Petrucci ha eretto un muro, col suo cuore di padre, per limitare la portata del danno.
Nell’ultima udienza, lunedì scorso, il pm Malagoli ha descritto la dinamica del delitto come risulta nelle carte dell’accusa. Così è morta Carmela: “Il coltello le è penetrato nel collo per nove centimetri. Distruggendo i muscoli e arrivando sino alla colonna vertebrale. Voleva ucciderle entrambe. Era tutto premeditato. Agli psicologi Samuele Caruso ha detto che Lucia era una ragazza un po’ leggera, beveva e forse si drogava. Ha avuto il coraggio di affermare che ‘la colpa era anche sua, se lo meritava’. Come può essere incapace di intendere e di volere? E’ chiaro che volesse vendicare l’onta subita. Era stato lasciato e adesso Lucia frequentava un altro, come aveva potuto appurare attraverso Facebook”.

Lucia si è sentita male. E’ uscita dall’aula del palazzo di giustizia. Gli avvocati e gli psichiatri vicini ai Petrucci scuotono il capo, ogni volta che sussurrano qualcosa a spizzichi e bocconi. Il resto si desume da sé. Lucia è stata pugnalata nel profondo dalle coltellate che hanno assassinato sua sorella. Niente le ridarà la serenità, pensano tutti. Nemmeno l’ergastolo di Samuele. Si sente in colpa per avere permesso l’ingresso di un mostro in un giardino fiorito e tranquillo, perché c’è andata di mezzo Carmela. Perché la relazione tra la bellissima ragazza del liceo Umberto e il ragazzo ombroso che veniva da un altro mondo non si è risolta in un sms incazzato, in un addio che può dimenticarsi. Il finale si è trasformato in una condanna incancellabile.

Non servono le parole per Lucia. Non ci sono parole per suo padre e per sua madre. Non ci sono parole per suo fratello. Non c’è consolazione. Non c’è uno sguardo che possa arrivare laggiù. Ecco, lo pensano tutti. Eppure la strada di via Uditore non contiene la tragedia. E’ come se il dolore fosse congelato. Sospeso. Il campanello è al solito posto. L’inferriata è al solito posto. La compostezza delle cose fa male. Ma è proprio nell’assenza delle cose che splende intatto il sorriso di Carmela, non sfregiato da lama di coltello. Appartiene a questa sera che precede l’aritmetica dei codici e all’ora più dolce della sera apparterrà in eterno. E’ impossibile non sentirlo, non lasciarsi abbracciare. E’ impossibile spiegarlo, mentre ci credi, mentre vedi che c’è. Qui c’è Carmela Petrucci, bambina amata e felice. Qui Lucia la ritroverà. Un giorno, quando ricomincerà a sorridere, nel rifiorire del suo giardino.


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