CATANIA – Emergono altri particolari sul sequestro dell’arma probabilmente utilizzata per uccidere il magistrato Antonio Scopelliti nel 1991. Sarebbe stato sepolto per anni in un fondo agricolo della provincia di Catania il fucile calibro 12 usato dai sicari quella maledetta sera d’agosto. Un dettaglio scritto nero su bianco nella nota firmata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri che sta coordinando l’inchiesta per individuare i killer che hanno ucciso 27 anni fa il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione.
Catania, quindi, avrebbe custodito per quasi tre decenni una delle prove chiave dell’omicidio del magistrato. Per questo delitto sono stati assolti, con sentenza definitiva, i vertici corleonesi di Cosa nostra siciliana. Considerati per lungo tempo i mandanti di un delitto che doveva essere un favore della ‘ndrangheta alla mafia siciliana. Scopelliti, quell’estate, stava preparando il processo davanti alla Corte di Cassazione del “gotha” di Cosa nostra. Il maxi processo di Palermo era arrivato al terzo grado di giudizio.
“Proprio pochi giorni addietro, nell’ambito delle indagini per l’omicidio del sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Antonino Scopelliti – si legge nel comunicato stampa diramato dalla Procura reggina dopo la cerimonia di commemorazione a Scopelliti – a seguito di mirata attività investigativa di questa Direzione distrettuale antimafia, con attività di ispezione e perquisizione di alcuni luoghi situati nel territorio della provincia di Catania, le ricerche svolte dalla Polizia di Stato delegata alle indagini, ed in particolare dal Servizio centrale operativo, dalla Squadra mobile della questura di Reggio Calabria e dalla polizia scientifica delle questure di Reggio Calabria e di Catania, con massiccio impiego di uomini e di risorse tecniche e tecnologiche, ha consentito di rinvenire, e sottoporre a sequestro, l’arma che, fondatamente, è da ritenere sia stata utilizzata per compiere l’attentato”.
“L’arma, in ordine alla quale sono in corso ulteriori accertamenti di riscontro – si legge ancora nella nota del Procuratore – era interrata in un fondo agricolo. Evidentemente, il sequestro costituisce un importante passo avanti nella ricostruzione degli avvenimenti per cui si procede ed apre nuove e significative prospettive d’indagine, confermando, al contempo, recenti intuizioni investigative di questo Ufficio”.
Quali tipi di intuizioni? Su questo la magistratura calabrese mantiene la bocca cucita. Sicuramente però il ritrovamento rappresenta una tappa cruciale nell’indagine sull’agguato commesso nel 1991 in località “Piale” di Villa San Giovanni. Il giudice stava guidando la sua auto per fare rientro a Campo Calabro, il suo paese d’origine dove aveva deciso di trascorrere un periodo di ferie prima degli impegni romani, alla Suprema Corte.
Chissà se finalmente sulla lapide di Antonio Scopelliti potrà essere scolpita la parola giustizia? La famiglia, la Calabria, anzi l’intera nazione, attende da 27 anni.